Grandi e piccoli crateri ricoprono l’intera superficie lunare. Sono i segni tangibili di violenti impatti causati dallo scontro con corpi minori del sistema solare, come meteoriti, asteroidi o comete.Negli ultimi 4.5 miliardi di anni. anche la Terra ha subito lo stesso trattamento, ma le cicatrici di questi eventi catastrofici sono state cancellate dall’erosione di venti e piogge o dai movimenti tettonici. A cercar bene, qualcosa si trova, come il meteorcrater, in Arizona, formatosi in seguito alla caduta di un meteorite ferroso di “appena” 50 metri di diametro, che ha lasciato un buco profondo
170 metri e largo circa 1200. Di questi resti fossili di antiche catastrofi ne sono stati individuati quasi 200. Il più impressionante è quello trovato nella penisola dello Yucatan (Messico), che si pensa abbia causato un’estinzione di massa senza precedenti circa 65 milioni di anni fa. In questo caso si è trattato di un asteroide di ben 15 km di diametro che si è scontrato con il nostro pianeta a una velocità di qualche decina di km al secondo (la distanza tra Roma e Milano in meno di un minuto). Se l’impatto avviene su una terra emersa, tonnellate di polveri sono sparate nell’atmosfera, il cielo si oscura e l’effetto serra provoca il surriscaldamento di tutto il pianeta. Se invece il meteorite cade in mare, ipotesi molto più probabile essendo il pianeta in gran parte ricoperto dagli oceani, la caduta provoca uno tsunami altrettanto violento. All’alba del 30 giugno del 1908, un evento catastrofico ebbe luogo nelle vicinanze del fiume Podkamennajain, località Tunguska (Siberia). Un meteorite di circa 30 metri di diametro, dopo essere entrato nell’atmosfera terrestre a una velocità di circa 15 km al secondo, esplose a un’altezza di 8000 metri. L’onda d’urto provocò l’abbattendo di 60 milioni di alberi su 2150 chilometri quadrati, e il boato fu udito a 1000 km di distanza. In tutto il nord Europa il cielo notturno fu illuminato dalla scia di fuoco provocata dal surriscaldamento del meteorite. La potenza dell’esplosione paragonabile a quella di una bomba nucleare di circa 10 megatoni. Fortuna volle che l’evento avvenne in una zona disabitata.
Questi fatti spiegano perché gli Osservatori astronomici di tutto il mondo hanno da tempo iniziato un monitoraggio dei corpi minori (asteroidi o comete) che orbitano intorno al Sole a una distanza simile a quella della Terra. In gergo scientifico, si chiamano NEOs (Near Earth Objects). Lo scopo di questi studi è determinarne con la maggior precisione possibile i parametri orbitali. In questo modo possiamo calcolare la probabilità che uno di questi oggetti possa, prima o poi, entrare in rotta di collisione con la Terra. Mentre scrivo, un corpo di una decina di metri ci ha “sfiorato”, passando ad appena 0,01 UA dalla Terra (circa 5 volte la distanza della Luna). Eventi come questo avvengono di frequente, ma non sono particolarmente pericolosi. Tra i NEOs fino ad oggi identificati, quello considerato più a rischio si chiama 2011 AG5. Tra il 2035 e il 2058 si avvicinerà pericolosamente al nostro pianeta per ben 13 volte. Con un diametro di circa 150 metri e una massa di 3,7 miliardi di kg il suo potenziale impatto con la Terra provocherebbe danni incalcolabili. Possiamo comunque dormire sonni tranquilli, perché dai dati in nostro possesso risulta che la probabilità di un tale evento è “solo” una su 10000.