Luca Farina è un artista che non ama parlar tantissimo del suo lavoro. Lavora, fa, crea. Che siano gli altri a parlarne, perché non sta a lui spiegare più di tanto. Per questo alla prima domanda l’intervista rischiava già di finire: c’è qualcosa in particolare che vorresti dire? “No, niente”. Benissimo: possiamo chiudere qui allora, e mettiamo solo le immagini dei dipinti. “Sarebbe un’ottima idea, davvero non mi dispiacerebbe! Quello è il modo di parlare del mio lavoro: le immagini che creo devono parlare da sole”. Va bene, allora sarà un’intervista cromatica: quali sono i tuoi
colori primari? “Giallo, verde, arancio. Ovviamente il bianco e il nero: due colori fondamentali.” Netti o sfumati? “Netti: non amo le sfumature. Mi piace poi sovrapporre immagini. Trovo sia una soluzione molto evocativa, che mi permette di cancellare ciò che non mi piace, e salvare ciò che invece cattura il mio interesse. Uso pochi colori in un quadro e li ripeto spesso”. Immagine è per te ‘bellezza’ o prima di tutto ‘concetto’? “Concetto”. Vale a dire? “Dare una realtà ulteriore al reale, mi sento ancora alla ricerca. L’indagine artistica parte dalla mia vita e dalle persone che mi circondano. È come fare un reportage. Per questo utilizzo foto e pittura insieme”. L’arte secondo te è pericolosa? “Piuttosto direi che è utile per vivere meglio. È un gioco serio, perché sei costretto a fare i conti con la realtà problematica dell’umanità”. E la critica serve? “Sì, aiuta il fruitore a osservare meglio un lavoro a coglierne quel qualcosa in più che c’è. E’ un lavoro importante, che va fatto bene”. E l’interpretazione? A volte si possono inventare storie poco verosimili sul significato dei quadri, ammesso che ci sia sempre significato… “Vero, e lo risolverei così: l’interpretazione serve quando si esprime ciò che si ‘sente’ di un’opera (le emozioni) e non cosa si deve dire in base a qualcosa. Non è molto utile interrogarsi sui significati. Almeno non sempre”. Holderlin, il grande poeta tedesco, diceva degli uomini “Siamo un segno senza significato”, e quindi senza interpretazione. Che ne pensi? “Certamente è un punto di vista problematico… Potrei essere d’accordo. Mi piace”. Che rapporto, secondo te, dovrebbe esistere tra artista e artigiano? Una volta gli artisti erano molto più artigiani di quanto non lo siano oggi. “Indubbiamente le cose sono molto cambiate nel corso dei secoli. Diciamo però che in linea di massima l’artista deve necessariamente essere anche un bravo artigiano. Mentre a costui non è richiesto di essere anche un artista. Tuttavia l’obiettivo di un artista è riuscire a trovare la propria poetica”. A proposito di poetica: tu sei uno che si occupa particolarmente di arte sacra. Giusto? “L’arte sacra è il mio campo prediletto. Lo faccio con una chiave poetica diversa, cercando di dare nuova linfa a tutto il codice iconografico e simbolico del mondo sacro, un codice che fa parte di noi e con cui siamo cresciuti. È un campo talvolta labirintico, sempre a un passo dalla vuota retorica. Questo lo rende ancora più affascinante. È una sfida”.