Mancano pochi giorni al 1° maggio, quando Benedetto XVI proclamerà “Beato” Giovanni Paolo II riconoscendone pubblicamente la santità di vita e l’importanza della testimonianza di fedeltà al Vangelo e all’umanità. Un evento atteso e richiesto sin dal primo momento dopo la morte del Pontefice che durante i 27 anni di ministero petrino ha profondamente segnato il ventesimo secolo ed anche il passaggio epocale dal secondo al terzo millennio. Alla mia mente tornano tanti motivi
di gratitudine per il Papa che ha praticamente segnato gli anni del mio ministero sacerdotale (dal 1978 al 1997) ed episcopale (dal 1997 al 2005) anzitutto per il suo Magistero, l’esemplare spirito missionario, la dedizione alla vita pastorale ordinaria (come le visite alle parrocchie di Roma, la sua Diocesi) e i gesti profetici. Ma non dimenticherò mai la prima volta quando ebbi la possibilità di concelebrare con Giovanni Paoli II nella sua Cappella privata. Era il 16 gennaio 1992. Una gelida mattina romana, un freddo pungente. Alle ore 6.00 in punto varco il portone di bronzo insieme al mio Arcivescovo, Mons. Carmelo Cassati, di cui ero vicario generale per la diocesi di Trani-Barletta-Bisceglie e Nazareth. Con gli altri Vescovi pugliesi accompagnati dai loro segretari, siamo attesi nella cappella privata del Papa per la Concelebrazione. E’ un momento speciale della visita ad limina. (Ogni cinque anni, circa, in occasione di un pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo, il Papa incontra personalmente e in gruppo i Vescovi di tutte le diocesi del mondo per una conoscenza concreta, dal vivo delle chiese particolari). E’ la prima volta che incontro personalmente il Papa. Una esperienza indimenticabile di cui conservo un ricordo nitido, che in questi giorni oltre che tornare alla memoria, comprendo in una luce completamente nuova. In seguito mi è capitato altre volte di avvicinare Giovanni Paolo II: in occasione dell’ordinazione episcopale (8 gennaio 1998); della visita ad limina del 1999; durante le annuali Conferenze dei Vescovi italiani; durante il Giubileo del 2000, partecipando ad alcune Udienze Generali sino ai suoi funerali. Ma quella mattina di gennaio … Dopo aver indossato i paramenti liturgici in una sala, poco prima delle 7.00, siamo entrati in chiesa, quasi furtivamente, per non disturbare il Papa in preghiera, mentre prendiamo posto. Ricordo che, un po’ impacciato per l’emozione, mi sono quasi bloccato nel vedere il Papa in ginocchio e come assente, perché il suo sguardo era fisso all’altare, alla Croce, all’immagine della Vergine che sono nella sua cappella, davanti ai suoi occhi. Dopo pochi minuti gli si è avvicinato il suo segretario, don Stanislao, per invitarlo ad indossare i paramenti ed è iniziata la Celebrazione Eucaristica. Non dimenticherò mai è il volto di Giovanni Paolo II mentre celebrava l’Eucaristia. I suoi gesti, il suo silenzio, l’inflessione della voce, il suo sguardo così intenso da apparire assente, perché pienamente immerso nella preghiera. Potrà pure apparire esagerato. Ma ancora oggi, nella lucidità del ricordo, so solo che sono stato colpito, profondamente colpito dal vedere come Giovanni Paolo II era immerso nella preghiera! È toccato a me proclamare il Vangelo con il Papa quasi di fronte a me, proteso verso l’ambone per l’ascolto, assorto nell’accogliere la Parola, pronto a baciare il Vangelo con grande devozione e amore. Con questa memoria sempre viva ho letto e compreso la sua ultima Enciclica Ecclesia de Eucharistia, del 17 aprile 2003, e la successiva Lettera Apostolica Mane nobiscum Domine, per l’Anno dell’Eucaristia (del 7 ottobre 2004). Sono documenti nei quali continuo a rivedere, non solo la dottrina sul mistero eucaristico espressa nelle linee fondamentali e con chiarezza magistrale, ma anche tutta l’esperienza spirituale e mistica di Giovanni Paolo II maturata alla scuola dell’Eucaristia e della Vergine Santa, donna eucaristica con l’intera sua vita (EE53). A distanza di anni confermo che pur avendo avuto altre occasioni di incontri personali con il Servo di Dio Giovanni Paolo II, quello appena descritto resta il mio ricordo più vivo e incancellabile. (Mons. Michele Seccia Vescovo della Diocesi di Teramo-Atri)