Vivendo a stretto contatto con il mondo giovanile e osservandolo con una particolare attenzione, uno dei problemi che si evidenzia più degli altri è il non comprendere più il senso e il valore della vita. Sorge una domanda spontanea: perché e di chi è la colpa? Potrebbe sembrare un luogo comune dare la responsabilità ai genitori o a un errato modo di educarli. Credo che sovente il tutto sia dovuto alla paura di creare sofferenza ai propri figli, dicendo qualche “no” in più.
Cerco di spiegare meglio il concetto. L’iperprotettività, il voler spesso giustificare gli errori, il concedere troppo e soprattutto il poco dialogo ci hanno portato a voler sottrarre dall’esperienza di vita dei giovani la capacità di affrontare anche le negatività, a non comprendere il senso del sacrificio e del sapersi guadagnare le cose con merito. Tutto questo ha contribuito a svuotare di senso la loro esistenza tanto da portarli a cercare emozioni sempre più forti e a volte distruttive, pur di trovare un significato o peggio ancora sfuggire alle proprie responsabilità, in quanto incapaci di affrontare gli ostacoli che la vita può riservare. Allora cosa fare? Non sono in grado di dare ricette, ma posso solo rapportarmi alla mia esperienza di figlio: forse ricevere qualche “no” in più potrebbe formare i nostri giovani a quella che io chiamo una “sana sofferenza formativa” che tempri con forza il carattere, ma soprattutto che sappia far recuperare ai ragazzi il giusto valore delle cose e la bellezza della vita. Concludendo, impariamo noi educatori e genitori a dire qualche salutare “no”. Forse finalmente riusciremo ad esercitare il nostro compito senza paura e a rimotivare una generazione alla quale dobbiamo guardare con fiducia. Sì, un consiglio lo posso dare: andate in libreria e regalatevi il libro “Se mi vuoi bene, dimmi di no” di Giuliana Ukmar (Editore Franco Angeli).