“NO AL PARCO COME MUSEO”

 Arturo Diaconale, nominato al vertice dell’ente Gran Sasso e Monti della Laga, inaugura il suo nuovo corso. Che comincia da una corretta comunicazione.diaconaleInizia da un rinnovato concetto di educazione ambientale il nuovo corso di Arturo Diaconale alla presidenza dell’ente Parco Gran Sasso e Monti della Laga, secondo il quale lo sviluppo dei territori protetti passa proprio attraverso una corretta comunicazione: “Bisogna sfatare un luogo comune e spiegare – afferma  Diaconale – che gli Enti Parco svolgono una funzione positiva nella misura in cui  i vincoli  servono a

difendere un ambiente, a  preservarne le peculiarità,   così da farne risorse produttive per chi vive nel territorio. La tutela non deve essere  una sorta di museo chiuso. In passato  la difesa dell’ambiente era concepita come una condizione statica, in cui nell’ambiente era compreso tutto, tranne l’uomo, invece bisogna pensare che l’ambiente va tutelato in tutta la sua biodiversità, compreso l’uomo che ci vive.

In particolare,  questo parco, molto esteso, con i suoi 44 comuni  su  tre province e tre regioni e diverse comunità montane,  se non avesse possibilità di sviluppo si spopolerebbe ulteriormente favorendo il degrado del parco stesso, non la sua conservazione. Lo spopolamento va evitato perché sono le comunità, prima di tutto, a dover  curare la difesa delle proprie  peculiarità.”
Quali sono, in particolare, i problemi più rilevanti che questo Parco sta affrontando?
I problemi dell’Ente Parco fanno capo in primo luogo  ai problemi generali del paese e a questa crisi che ha portato alla riduzione  dei finanziamenti, ma io credo che il vero punto sia  quello di compiere un salto rispetto a un certo tipo di cultura che si fondava sull’assistenzialismo. I contributi  dello stato sono destinati a scemare sempre più e  le condizioni economiche attuali non  consentono più a queste strutture di continuare a esistere solo con il sostegno pubblico.
Quali potrebbero essere le risorse autonome dei parchi?
Gli Enti Parco in genere, e questo in particolare, dovrebbero essere  strumenti di promozione di iniziative in collaborazione con amministrazioni locali, soggetti privati, università, camere di commercio ecc. per poter avviare progetti  che siano da un lato di tutela dell’ambiente e dall’altro in grado di utilizzare  la stessa tutela per promuovere  sviluppo , turismo, cultura e realizzare  entrate  aggiuntive  a quelle istituzionali. Questo significa soprattutto cambiare  mentalità, ripensare ad un educazione ambientale che consideri i motivi di vincolo una risorsa, non una penalizzazione.
Faccio un esempio: sul versante teramano, per un contenzioso tra comuni, che andava avanti da moltissimi  anni, è stato scoperto un bosco che per 400 anni non è stato mai tagliato. Oggi sappiamo   di avere nel nostro territorio  il bosco più antico d’Europa che ha delle caratteristiche naturalistiche che lo hanno trasformato in una rarità. La questione adesso è: lo chiudiamo  e conserviamo così oppure lo preserviamo utilizzandolo non attraverso  il taglio, ma attraverso il turismo ambientalista e culturale?  Se in California fanno il Sequoia Park, perché qui non potremmo sfruttare il fatto che ci sono faggi alti 30 metri e  che sono quindi delle rarità incredibili?
In che modo l’Ente Parco e i privati potrebbero lavorare in sinergia?logogranlaga
L’intervento del soggetto privato integrerebbe soprattutto la struttura ricettiva, i servizi  di accoglienza, ma  bisogna   innanzitutto far sapere che esistiamo,  fare promozione .
Il Gran Sasso  è una montagna molto particolare.  È necessaria una campagna di educazione ambientale e soprattutto avviare iniziative integrate anche  con gli enti territoriali. Ci sono allo studio diversi progetti. Uno dei quali è quello di realizzare ai piedi del Paretone del Gran Sasso un parco faunistico con animali di tipo  selvatico, ma anche   domestici,   dell’ ambiente rurale montano. Quanti bambini oggi hanno modo di vedere una fattoria o animali da cortile?
Il problema è che spesso i progetti si incagliano nelle secche della burocrazia.

di Mira Carpineta