Quando si viene a conoscenza di fenomeni di violenza familiare così malvagia e brutale è possibile notare come si riproduca tra le persone comuni, una miriade di teorie con le quali si intendono scoprire le motivazioni che hanno indotto l’omicida a compiere un atto così efferato.
Nell’analisi del crimine, alcuni elementi sono imprescindibili se si vuole giungere allo scopo per il quale l’indagine viene svolta e quindi una indagine viene progettata in modo che comprenda anche la decifrazione delle dinamiche comportamentali e psicologiche del criminale. Ma prima ancora di sapere “perché” e “chi” possa essere l’autore del delitto è necessario che si proceda con una accurata analisi della scena del crimine in quanto si deve sapere “dove”, “come” e “cosa” sia avvenuto.
La scena del crimine, infatti, per prima fornisce agli investigatori quegli elementi utili allo scopo dell”indagine.
L’omicidio che è, per il diritto penale, il provocare con dolo, colpa o preterintenzione la morte di una persona, porta con sé una serie di informazioni sul criminale, sia per la scelta della vittima, sia per la scelta del luogo, dell’ora e di ogni elemento che caratterizza la scena del crimine. Nel caso della categoria dell’uxoricidio e dell’infanticidio, entrano a farne parte elementi che riguardano sia i comportamenti che i sentimenti (positivi o negativi) provati per la vittima. In questo tipo di crimine non rientrano però moventi schematizzabili nella logica investigativa, bensì
comportamenti e fattori stimolanti che sono riconducibili a schemi e processi psichici che risiedono esclusivamente e profondamente nella mente dell’assassino. Psichiatri e criminologi in questi giorni, nei vari media, hanno cercato di spiegare i motivi di questo triplice delitto della moglie Cristina e dei due figlioletti da parte di Lissi e ne hanno descritto alcuni profili di personalità, anche se a tutt’oggi è ancora troppo presto per poterne comporre un quadro definitivo.
Per poter fare qualche riflessione senza volerci sostituire alla figura dello psichiatracriminologo che è l’unica figura adatta a ricostruire il profilo psicologico di un criminale, possiamo prendere spunto da Nietzsche, quando afferma che “l’uomo ha come coppie necessarie la dipendenza e l’apatia e l’indipendenza e il sentimento vitale”. Certamente in questa ricerca di libertà così definita si ritrova più facilmente una autarchia, una indipendenza e una padronanza di sé e della propria libertà che viene più facilmente raggiunta laddove altri non ne ostacolino la sua realizzazione. Ma non possiamo porre noi stessi come percorso e meta della nostra esistenza in un circuito auto-referenziale senza pensare che non ne derivino squilibri vitali.
Questo bisogno di libertà, di sicurezza, di stabilità che non fa mettere in bilancio il tener conto dell’altro sembra far parte del gioco culturale del momento, esplicitando il fallimento di questa società che pur scolarizzata, informatizzata e socialmente sostenuta, non è riuscita a eliminare né a ridurre la violenza che si riversa sistematicamente nel quotidiano.
PrimaPagina edizione luglio 2014 – di Arturo Di Cera (SOCIOLOGO)