ARCHEOLOGIA ALIMENTARE a cura di Gino Primavera: IL CIBO DEL CONFORTO

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Tra le molteplici virtù del cibo, ci dà particolarmente conforto il legame materiale che esso stabilisce con i nostri anni: il ricordo sensoriale dei sapori e degli odori dell’infanzia trova nel cibo un contenitore eccellente che restituisce integro, e senza danni di intermediazioni culturali, un tempo finito, ma del tutto attuale. La gratificazione è forse uno degli aspetti più intimo e peculiare del mangiare. I ricordi dei sapori e degli odori del cibo legati alle età dell’uomo danno benessere e qualità all’atto del mangiare e costituiscono una saudade alimentare, spesso ignorata dall’eccessivo scientismo legato ai canoni dell’alimentazione attuale, sia a quella di massa e industriale ma anche a quella più elitaria, spesso collegata a connotati salutistici e di bontà, ma senza storie da raccontare.

E’ cibo del conforto quello preparato dalla cucina della mamma, della nonna, legato agli ambienti e ai territori del tempo, quello delle festività, pane e zucchero delle merende ante-nutella, ma anche il brodo del “consòlo” che si consuma dopo i funerali, o alcune ricette col vino cotto per far fare più latte alle nutrici, o più semplicemente tutto ciò che è legato alla storia di ciascuno di noi e che ci ricorda particolari momenti, rituali o semplici accadimenti quotidiani, che per qualche motivo assumono importanza tale da essere ricordati con gratitudine.

Cibi non necessariamente importanti, anche pane, olio e pomodoro, il pane molto spesso presente, il pane cotto, la fettina impanata, gusti particolari, gli steli di “rampalupìne” (Erba sulla), le lécine verdacchie, le salsicce crude, rubate prima dell’essiccamento; cibi magari legati a situazioni di trasgressività, rispetto alle regole del buon mangiare, che sanno di rancido, vino di campagna acidulo,  confettini cannellini, ed ognuno tragga dai suoi ricordi i sapori e gli odori fissati particolarmente nella memoria, per trovare nel cibo la propria storia e il conforto di un tempo riesumato.

Tra i cibi del conforto, restano un residuo di archeologia alimentare i “frascarelli”, antico piatto galattogeno, ottenuto da farina spruzzata di acqua con una scopetta di saggina, glomeruli di antica sapienza e di giusta brodosità, utili per riempire la pancia, ma anche, preparati in brodo di gallina: erano buoni per far fare il latte alle nutrici. Piatto eclettico, può essere condito un po’ come si vuole, in bianco ma anche con sughi di pomodoro o ragù di carni. E’ da considerarsi, nella sua ricetta originale, un piatto povero della nostra tradizione gastronomica, composto di pochi ingredienti, giusto un pesto di lardo (spesso rancido, ritenuto più saporito per il processo di alterazione subìto), farina ed acqua (per “allungare” la minestra e renderla più voluminosa).

Oggi lo possiamo valorizzare con farina integrale biologica di farro e lo apprezziamo per il valore calorico modesto e la genuinità dei suoi ingredienti.

Ed ecco gli steli di “rampalupìne” (Erba sulla), le lécine verdacchie, le salsicce crude, rubate prima dell’essiccamento; cibi magari legati a situazioni di trasgressività, rispetto alle regole del buon mangiare, che sanno di rancido, vino di campagna acidulo, confettini cannellini, ed ognuno tragga dai suoi ricordi i sapori e gli odori fissati particolarmente nella memoria, per trovare nel cibo la propria storia e il conforto di un tempo ritrovato.

 

IMMAGINIAMO UN MENU DEL CIBO DEL CONFORTO

(cibo e ricordo)

 

Ricotta nella foglia di vite

Cagliata nel cannello

Pane  e pomodoro

Pancotto

Sgattone

Richiamati

Uovo col pane

Fettina impanata con patate fritte

Il cuore delle piante

Patate con la buccia

Lècìne

Torrone di fichi

Pane e zucchero

Caramelle

Ricotta e caffè

Zuppetta di latte con i sospiri

Vino di campagna e rosòlio

Veneziana

 

Mi soffermo su quest’ultima preparazione, la veneziana, una bevanda calda estremamente tonica e corroborante, composta da cioccolato, caffè e cannella che contengono sostanze del benessere come la feniletilamina del cacao, sostanza del piacere e dell’innamoramento fisico, e dagli alcaloidi teobromina e caffeina dagli effetti tonici; la veneziana rappresenta l’elaborazione del lutto, ma anche la rinascita e la resurrezione nel giorno di Pasqua.

Quest’anno la Compagnia della “Rattacasce” di Guardiagrele, in collaborazione con il Bar fil, la offrirà domenica di Pasqua in piazza Santa Maria Maggiore alle ore 9,30 e alle ore 16,30, e potrà essere degustata dai partecipanti.

di Gino Primavera