Pellegrino Artusi (1820 – 1911) nel suo libro “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” ci parla della fricassea, un modo di cucinare le carni di probabile origine francese, che, dopo cotte e rosolate, venivano mantecate con burro e rossi d’uovo. Nella nostra tradizione ci sono piatti di carne che, a fine cottura, vengono nobilitati con una fricassea di formaggio e uova (specialmente agnello, capretto, coratella di agnello). Si può ragionevolmente pensare il nostro “casce e ove” abbia una origine francese anche da noi. Adesso si usa in vari piatti, per farcire i carciofi, per rendere un brodo di carne o verdure più ricco, per verdura riscucinata. L’invenzione geniale, però, sono le “pallotte casce e ove”, piatto abruzzese diffuso un po’ in tutta la nostra regione che contende il primato, in quanto a diffusione generalizzata, alla “chitarra” che è un po’ l’emblema più conosciuto della gastronomia abruzzese. E si sa, l’abruzzese è vario e molteplice, e ognuno ritiene che le sue pallotte siano il meglio possibile ed ecco quindi le varie facce delle pallotte!
Partiamo dal nome; già qui fioriscono le differenze: pallotte cace e ove, pallotte cace e ova, pallotte cacio e ova!!! Se sei abruzzese le chiami “Pallotte casce e ove (con la sc).
E poi l’annosa questione del pane! Oltre al formaggio e alle uova, ci va anche il pane? E che formaggio ci va?
Prima di dare una risposta ai quesiti, cerchiamo di capire l’origine delle pallotte, nate dall’arte di recuperare materie prime di scarso valore, formaggio troppo indurito e pane raffermo. Quindi sono un cibo di alto valore morale, antispreco e attuale nei nostri tempi. E quindi il pane ci va, rigorosamente raffermo; di esso si utilizza la mollica sbriciolata, non il pane grattugiato. E allora perché molti il pane non lo mettono? La colpa è del boom economico degli anni ’60, quando uova e formaggio erano ritenuti cibi ricchi mentre il pane invece cibo povero. Oggi le cose sono cambiate, e c’è ricerca di salute dal cibo e unire il pane significa avere meno colesterolo nel prodotto finito, significa avere un cibo completo dal punto di vista nutrizionale, significa avere una pallotta più spugnosa che assorbe meglio il sughetto nel quale vengono “calate”. E significa anche non sprecare il cibo che una volta veniva definito “la grazia di dio” e del quale non si buttava nulla.
E poi il formaggio! Inorridisco a pensare che si usi il rigatino che è un formaggio anonimo, del quale non si conosce la provenienza, né come viene fatto; si sa solo che costa poco. C’è da dire, però, che è anche difficile usare i formaggi di una volta, dal sapore accentuato per l’eccessiva conservazione e stagionatura. E allora abbiamo in Abruzzo delle ottime formaggelle di mucca incerate, appena asciugate, che, grattugiate e mischiate con poco pecorino, soddisfano i nostri palati senza conferire sapori eccessivi.
Infine il sughetto, ove tuffare le pallotte precedentemente fritte, fatelo con passata di pomodori “pera d’abruzzo” così si chiude il cerchio magico di questo piatto che piace proprio a tutti!
Gino Primavera