Dall’ Inaugurazione dell’A.A. dell’ UNITE alla…

CULTURA DELLE DECISIONI

“Comandare è una scocciatura. Per fortuna che c’è tanta gente disposta a farlo”. È una “perla” di Luciano De Crescenzo e mi sono sempre chiesta cosa spinga così tante persone a proporsi e lottare per raggiungere “le stanze dei bottoni”.

Abbiamo sotto gli occhi molti amministratori pubblici che in campagna elettorale si riempiono la bocca (e ci riempiono le orecchie) di nobili principi, di alti valori sociali, di spirito di servizio e poi promesse e proposte di soluzioni  e cambiamenti , che una volta giunti allo scranno si accorgono di non poter  realizzare per “mancanza di risorse, norme limitanti, leggi e regolamenti di stabilità” che rendono pericolosamente instabile la loro permanenza al posto di comando. In realtà  ci sono  anche quelli (rari) che hanno una visione del percorso e che, già consapevoli dei limiti oggettivi dei tempi che viviamo, le soluzioni le cercano, le inventano, le costruiscono.

Un pezzo alla volta, magari. Sono quelli che non hanno come obiettivo (almeno non solo)  il raggiungimento del ruolo,ma anche del progetto che intendono realizzare. 

Ieri ho assistito a due eventi, distinti ma riguardanti lo stesso oggetto: promuovere lo sviluppo e l’evoluzione di un territorio attraverso la Cultura.

Quella vera, che è patrimonio di tutti e non solo di ristrette elites di pseudo intellettuali.

La cerimonia di inaugurazione dell’Anno Accademico dell’UNITE è stata, insieme, la rappresentazione della più classica delle liturgie e della più radicale innovazione. Una coreografia sapientemente organizzata nelle sue tempistiche, nei suoi colori, nel susseguirsi degli interventi e delle musiche  che hanno regalato momenti di grande emozione. Il racconto della storia della nostra città, da quel Guido II  che nel 1165 donò a Teramo quei  privilegi di libertà che ne permisero la ricostruzione dopo una guerra distruttiva, a Melchiorre Delfico che vi portò i principi dell’Illuminismo e della scienza.

Un’eredità culturale notevole che oggi il Rettore Luciano d’Amico raccoglie come una sfida  per proiettare l’ateneo verso un futuro ricco non solo di incognite, ma anche di esaltanti opportunità.  E la parola chiave è proprio questa: esaltante.

Come l’energia che si è sprigionata in quell’aula Magna della Facoltà di Giurisprudenza dove ex studenti si sono ritrovati ad onorare il ventennale della nascita dell’Università di Teramo, da una prospettiva “esaltante”.

Giovanni Legnini, in qualità di vice–presidente del Consiglio Superiore della Magistratura e Luciano D’Alfonso in qualità di Governatore della Regione Abruzzo. 

Due  pubblici decisori che possono, e per certi versi devono,  determinare le scelte che ci condizioneranno la vita nei prossimi anni. Cambiandocela  (possibilmente) in meglio. Nelle parole di questi  decisori non mancano le immagini e i dati della realtà,  ma rappresentano le basi da cui sviluppare i progetti. Non nascondono le difficoltà, ma cercano le soluzioni, in ogni direzione,  senza preclusioni.  E ci auguriamo che le trovino. 

Nel pomeriggio, nella Sala San Carlo del Museo Civico, il convegno organizzato dal FAI proprio sull’incontro tra le istituzioni e i soggetti sociali, per promuovere la cultura e le sue risorse. Anche qui  l’occasione è stata utilizzata per sottolineare l’importanza della salvaguardia e del recupero del patrimonio artistico, storico, ambientale della nostra città e del nostro territorio, che soprattutto in questi giorni mostra i segni e le ferite del suo stato. Anche qui molti decisori pubblici e molti interventi, ma di diverso tono.

Quel tono che da anni ormai è diventato un mantra. “Non ci sono risorse. Ci sono priorità più necessarie. Speriamo che lo Stato sblocchi i fondi, che l’Europa ci dia una mano…” .

Tutto vero per carità! Ma quando si sono candidati sapevano qual’era la situazione. Quando sono stati eletti sapevano che “la coperta era corta”.

Ma le proposte, i progetti, le soluzioni, dove sono? Come sarà Teramo tra 10 o 20 anni se non sappiamo cosa vogliamo salvare, recuperare o costruire? Se non sappiamo dove stiamo andando e soprattutto come ci stiamo andando?

Non sarebbe allora il caso di cominciare a chiedersi e magari anche a chiedere ai cittadini teramani  dove e come vorrebbero essere tra 10 o 20 anni?

Coinvolgere  le persone in un progetto comunitario  che ci  renda tutti partecipi e responsabili del nostro futuro, non solo aiuterebbe i decisori, ma contribuirebbe a diffondere quella cultura della cura e del rispetto del proprio territorio che rappresenta il grado di civiltà di una società.

PrimaPaginaWeb – di Mira Carpineta