Ho avuto l’occasione di visitare Parigi qualche anno fa. Pochi giorni ma gli occhi non si saziavano mai di guardare. Le vie famose, i celebri monumenti. Le tracce della storia e dei suoi miti. L’ho paragonata subito a una donna. Bella nel suo pallore senza trucco alla luce del giorno, quasi diafana nei colori dei suoi palazzi storici. Elegante ma essenziale, vezzosa ma non estrosa. La notte invece, tutta un’altra “persona”. la magia delle luci, le “lumières” che la identificano, la trasformano completamente. Diventa una “donna” non solo bellissima, ma maestosa, regale. Una splendida dama imperiale, ingioiellata e seduttiva, voluttuosa ma sfuggente. Eterea e fisica. Una visione che lascia senza fiato.
Da allora ho continuato a immaginare altre città e altri luoghi personificandoli.
Lo faccio spesso anche con la mia città.
E’ una donna matura, la mia Teramo, ha visto passare tanta storia in mezzo a questi due fiumi che oggi quasi non esistono più. Ha visto passare fenici, romani, borboni e democristiani. Ha dato il nome all’intera regione che dal Gran Sasso arriva al mare.
E’ stata giovane e irruenta, adulta e segnata da povertà e dolore. Poi qualche anno di benessere, quando pareva che il peggio fosse alle spalle e cercava di ricostruirsi e costruire un futuro per i suoi figli. Certo le rughe e le cicatrici erano li a ricordarle la sua storia, le sue sconfitte e le sue vittorie. Ma era fiduciosa. L’energia per creare qualcosa di buono c’è sempre stata e i risultati facevano ben sperare.
Le nuove generazioni grazie a Dio non avevano memoria del prezzo pagato per superare i momenti più bui e quel benessere sembrava scontato, quasi dovuto.
Forse il declino è iniziato da lì.
I gioielli della nonna non erano più preziose testimonianze, ma solo roba vecchia, fuori moda.
Si è ritrovata così, improvvisamente, invecchiata. Senza più voglia di curare la sua bellezza, di arginare le rughe, di “agghindarsi” per le occasioni speciali.
E piano piano, complice la disattenzione, Donna Teramo si è ripiegata su se stessa. Non ha più voglia di guardarsi allo specchio, non ha più voglia di guardarsi negli occhi a riscoprire l’aspetto che aveva “da giovane”.
I “nipoti” la chiamano “vecchia”, senza affetto e senza rispetto. Non ascoltano più le sue storie, non riconoscono il valore di tutto quello che è stato necessario ( a volte doloroso, a volte entusiasmante) fare per lasciarlo a loro. Scopre, Donna Teramo, che forse i suoi nipoti non sono interessati all’eredità. Un’eredità che trascurano, sporcano, disperdono, distruggono.
Quando dovrebbero fare di tutto per proteggerla, curarla, utilizzarla questa eredità. Per se stessi e per chi verrà dopo loro. Perchè arriva anche per i nipoti il giorno in cui diventano nonni.
MI.CA.