Non sarà facile assorbire e superare lo shock post elettorale. Tre poli che fanno capo ai rispettivi leaders, Berlusconi, Bersani, Grillo e nessuno capace però di esprimere una maggioranza per la governabilità. Una rivelazione, il M5S, dai numeri consistenti e due schieramenti che non è facile definire,
in quanto separati da un minimo scarto percentuale. Con più di 8,5 milioni di voti, il Movimento 5 Stelle è apparso il vero dominatore delle elezioni mentre il Pdl ha subito, rispetto al 2008, l’erosione maggiore, perdendo più di 6 milioni di voti. Solo circa metà degli elettori di Berlusconi ha confermato la propria scelta di cinque anni fa: molti sono confluiti nel Movimento 5 Stelle, ma in misura maggiore (24%), verso l’astensionismo, fortemente accresciuto. Il PD, che nel 2008 aveva avuto 12,5 milioni di consensi, ha raccolto circa 8 milioni e 600 mila voti, con un decremento di quasi 4 milioni. Secondo Renato Mannheimer ” sommando le perdite complessive delle principali forze politiche, si rileva come almeno 16 milioni di elettori abbiano abbandonato i partiti votati cinque anni fa per dirigersi verso altri lidi. Segno del forte mutamento dello scenario elettorale (con l’ingresso di nuovi attori tra cui, specialmente, Grillo e Monti), ma anche, in qualche modo, dell’estendersi dell’insoddisfazione verso l’offerta politica tradizionale”. Tuttavia mentre a sinistra si prende atto di “non aver vinto” pur essendo “arrivati primi”, a destra la situazione appare alquanto paradossale con l’esaltazione di una apparente vittoria che sembra non voglia tener conto dei dati oggettivi. E’ sotto gli occhi di tutti la complessità di una situazione che al momento esprime ancora molta rabbia, divisioni e posizioni rigide. Grillo non vuole “inciuci” con nessun altra parte politica e dichiara che darà il suo sostegno, di volta in volta, in base alle proposte presentate. D’altra parte un’alleanza PD–PDL sembra assolutamente improponibile, a sentire le dichiarazioni dei due leaders. Su tutti solo la voce, decisa, di Napolitano che mantiene alto l’orgoglio nazionale, messo in dubbio dai commenti poco felici di un ministro tedesco e invita tutti alla responsabilità. Nella nostra città, dove pure il M5S ha avuto il maggior consenso, il PDL “esulta” per la riconferma del “modello Teramo”. Forse per esorcizzare la debacle o forse perché l’aver perso più di 6 milioni di voti – dati nazionali (e solo nella provincia di Teramo oltre 35.000 rispetto ai 72.000 delle elezioni 2008) non ha impedito a molti ex (come il senatore Paolo Tancredi, ad esempio) di sedere oggi, tra gli scranni di Montecitorio. Ma qual è questo “modello Teramo” vincente? Quello delle imprese fallite o chiuse o in sofferenza, che sono circa il 40% delle imprese del nostro territorio? Quello di una sanità in cui per avere un medico e un day hospital accettabile, i malati oncologici sono costretti a fare lo sciopero della fame? Oppure quello di un sistema economico in cui le tre maggiori banche locali hanno bilanci in affanno o commissariamenti in atto? Con queste domande abbiamo raccolto le opinioni di alcuni rappresentanti di categoria teramani, tutti, più o meno, concordi nel ritenere necessario, al momento, un atteggiamento responsabile e di buon senso ad evitare un ritorno alle urne a breve, che non è auspicabile né utile.