Se volessimo studiare e capire profondamente il Medioevo, ma dal lessico, dal vocabolario si eliminasse la
parola “Dio”, allora il Medioevo non lo capiremmo.
Sarebbe impossibile capire la vita degli uomini, le loro relazioni, il senso dello svolgimento dei fatti di quell’epoca.
Non si capirebbe il perché della storia. Se allo stesso modo si volesse capire e studiare il nostro tempo, ma dai nostri simboli, dal nostro linguaggio si togliesse la parola “denaro” allora non si capirebbe affatto questo nostro momento storico. Senza la parola “denaro” non si capirebbe quello che facciamo, le nostre scelte, i nostri sentimenti, il nostro relazionarci agli altri.
Ma non capiremmo nemmeno la nostra letteratura, la nostra architettura, la nostra arte.
La nostra politica. Nulla di nulla.
Niente, oggi, riesce a non essere condizionato dall’economia. E non diciamo influenzato ma, proprio, condizionato. Alla fonte. Le regole della nostra società, le nostre priorità, il nostro stato di benessere. Non si può non associare questo stress diffuso, la sensazione di disagio, le lamentele, le preoccupazioni che coinvolgono tutti ad ogni livello,
dalla crisi finanziaria prima, ed economica poi, che ha sconvolto i mercati, le imprese, il potere d’acquisto, i risparmi, ecc.
Prima di tutto, insomma, il denaro. Ad esempio, per una “questione di bilancio” molti comuni stanno seriamente valutando di passare al cosiddetto “tempo pieno” le scuole pubbliche: in qualche modo, chiudendo al sabato
e concentrando le ore sui primi cinque giorni della settimana, le casse delle amministrazioni locali ne trarrebbero un giovamento perché si ridurrebbero le spese complessive.
Naturalmente, si tratta di riorganizzare tutto un sistema, dagli orari di lavoro ai trasporti pubblici, dalle mense alle attività extra scolastiche. E ovviamente, anche per le famiglie si tratta di riorganizzare i propri tempi e le propria logistica.
Senza voler giudicare se questa sia o meno una scelta utile al benessere e allo sviluppo dell’infanzia, vogliamo semplicemente osservare come, a monte, una scelta di tipo meramente economico, condizioni l’essere umano
fin dalla sua più tenera età e nello svolgersi della sua vita, fisica e psicologica.
E dunque anche nel suo futuro. Viviamo un mondo alla rovescia. La finanza condiziona l’economia.
L’economia condiziona la politica.
La politica condiziona l’università, la scuola, la salute pubblica e cosi via. Tutto questo, determina la vita della società, delle famiglie e, infine, della persona umana. In questo ordine. Ma non dovrebbe essere tutto il contrario?
PrimaPagina edizione Giugno 2015 – di Pierluigi Troilo