La “vittoria di Pirro” delle (pseudo) pari opportunità – E’ sempre stato difficile per le donne scrivere di se stesse, dei loro problemi, della loro storia invisibile e sottaciuta. In questa epoca le difficoltà si sono addirittura moltiplicate perché il mondo femminile convinto, a torto, di aver ottenuto la tanto agognata emancipazione,spesso rifiuta di prendere visione di tutto il cammino che ancora si deve percorrere affinché la evidente, duratura minorità del suo genere lasci il posto ad una società dove anche alle donne vengano riconosciuti diritti, capacità, potere decisionale, indipendenza, giustizia, e così via. D’altra parte il mondo maschile, tranne alcune ovvie eccezioni, continua a vedere gli sforzi del presunto secondo sesso alla stregua di esercizi inutili, fastidiosi, pretestuosi ed estranei a tutto ciò che realmente conta nel mondo. In realtà, i cambiamenti relativi alle conquiste sociali delle donne sono davvero poca cosa, la riflessione nasce dal fatto che il progresso ha coinvolto ogni ambito del vivere della specie umana, dunque è evidente che anche il comportamento del mondo femminile, statico per millenni, abbia avuto, a sua volta una certa accelerazione, ma il divario tra il potere del maschio e quello della femmina è sempre uguale, se non è addirittura aumentato. Il concetto di emancipazione della donna ha confuso le idee a molti. Si emancipano coloro che sono minori o soggetti ad altri: la maggiore età emancipa i ragazzi,oppure emancipa gli schiavi che evolvono da uno stato di servitù ad uno di libertà e questi passaggi hanno la caratteristica di arricchire colui che ne beneficia, ma la donna, la cui presunta inferiorità è puramente culturale , nel processo di emancipazione, dovrebbe cancellare ogni sua valenza per tentare di abbracciare in toto mentalità e cultura maschili ottenendo così la classica vittoria di Pirro. Tale cambiamento non può definirsi migliorativo dei vissuti femminili e i risultati di questo processo sono già evidenti giacché non esiste donna detentrice di un potere significativo che si adoperi seriamente per alleggerire i disagi sofferti da chi appartiene al suo stesso genere. Dall’istituto delle “pari opportunità” ovviamente gestito da donne, per esempio, ci si aspetterebbe di ricevere solidarietà di genere, risoluzioni certe ai vari stati di difficoltà nei quali molte donne si dibattono, ma ciò non succede e la ragione sta nel fatto che chi detiene il potere è maschio oppure ne fa le veci. La cultura dominante, il mito lo conferma, si basa da sempre, attraverso le guerre, sulla conquista del territorio altrui e sull’accaparramento di beni materiali, due costanti che conducono ad un solo vertice: il potere. La società umana, dunque, in ogni epoca e latitudine è stata ed è di matrice fallocratica. Si può forse dire che le femmine emulando il comportamento maschile otterrebbero una sorta di emancipazione? Esse, invece, si avviano a perdere le preziose ed insostituibili valenze del loro sesso e senza accorgersene rischiano di diventare davvero seconde rispetto a coloro che non hanno ragioni per definirsi primi.
PrimaPagina edizione Febbraio 2014 – di Dr.ssa Milena Milone – psicologa