Il dottor Jamshid Ashough, un medico di origine iraniana dal 1980 vive in Italia a Montesilvano. È qui perché nel 1979 a causa della rivolta, lo Stato chiuse tutte le università, e per terminare gli studi decise di emigrare in Italia. È un medico specialista in Ematologia
e lavora presso l’Emergenza territoriale ASL Teramo con la sede a Giulianova, ma anche un grande appassionato di cinema.
Una passione che lo ha portato a scrivere il libro “Enigma Di Un Genio”, indagine profonda e affascinante su Federico Fellini di cui ama in particolar modo i “pensieri difficili”. Ne ha indagato tutti i segreti analizzandolo nei minimi dettagli. Questo per sostituire l’appellativo di “uomo misterioso” con “IL GENIO”.
– Da quanto tempo “studia” Federico Fellini? Da molto tempo. Ho trovato cose in lui che nessuno aveva ancora scoperto. C’è da precisare che agli esordi era un vignettista non un regista, ho infatti studiato la sua vita dal primo disegno all’ultimo film.
– Come nasce questa passione per il cinema e in particolare per Fellini? Quando vivevo in Iran, da ragazzo avevo degli amici universitari e frequentavo dei “Club Intellettuali”. Loro studiavano poesia,leggevano, facevano teatro; e dato che la cultura italiana è molto importante in Iran, tutti si ispiravano all’Italia. In questi circoli vidi “Amarcord” di Fellini e non ci capii nulla. Da lì incominciai a leggere: Pirandello, Silone, e vedevo i film di Pasolini. Ma nessuno raggiungeva l’eleganza di Fellini proprio perché inventò un suo linguaggio. Nel film Satyricon per esempio, c’è Encolpio, un ragazzo che in una scena guarda le stelle.
Quelle stelle raffigurano la costellazione “Cammella”, formata dalla stella Arturo, Fellini perciò inserisce le sculture di Arturo Martini e dato che quella stella tende all’arancione pone un quadro gigante di colore arancione sullo sfondo.
Da questo si intuisce che Fellini fa delle arti un suo linguaggio. Tra le tante opere di Fellini qual è,a suo avviso, la più bella? Si tratta di una scelta difficile, mi piacciono tutti i suoi film, fotogramma per fotogramma, però forse la migliore è: Roma. Anche “Prova d’orchestra” però, perché è il più difficile da capire ed è il più armonico con il pensiero felliniano.
In tutto il film si fa riferimento ad un aborto anche se nessuno ci ha fatto caso, perché Fellini si ispirò a “Lettera ad un bambino mai nato” di Orianna Fallaci. Quando realizzava un film da un romanzo Federico non si atteneva all’originale, come accade per “Casanova”, lui realizzava il film a modo suo. Il suo soprannome di “ grande bugiardo” non è un caso, infatti quello che amava fare di più era deviare e ingannare il pensiero dello spettatore. In questo modo libera il sentimento dello spettatore per poi legarlo al sentimento del film. Questo mi è stato confermato anche da Sergio Rubini e Sandra Milo, loro raccontano che il giorno delle riprese non avendo mai avuto un copione da Fellini non sapevano mai cosa li aspettasse, l’unico copione erano le sue indicazioni. Conclude poi con un aneddoto: Una volta durante una conversazione con Marco Ferreri, Fellini chiese chi tra loro due fosse il più famoso. Ferreri rispose che non sapeva chi fosse il più famoso ma sapeva chi era il più bravo”. Fellini nonostante avesse sempre la risposta pronta quella volta rimase in silenzio e secondo me quella fu la migliore delle risposte.
PrimaPagina edizione Giugno 2014 – di Roberto del Latte