I festeggiamenti dei novant’anni del vecchio leader Remo Gaspari hanno riproposto il problema attualissimo del potere e del consenso. Come vengono acquisiti oggi, sia l’uno che l’altro, dai politici delle nuove leve?
Il giovane governatore Gianni Chiodi
tiene subito a operare un distinguo, e sostiene che attualmente non è possibile tentare un paragone tra la classe dirigente di ieri e quella che abbiamo sotto gli occhi. Come non essere d’accordo? Solo che è opportuno fare alcune precisazioni per chiarire bene le idee. Intanto certi politici di oggi alla ribalta si presentano come “unti del Signore”, vale a dire come chiamati dall’Alto. Esattamente come è accaduto per Chiodi, che è diventato presidente della Regione non per particolari meriti politici, ma in quanto chiamato a quella importante carica da Silvio Berlusconi, leader di partito e di Governo.
Cosa diversa ai tempi del vecchio zio Remo, che la sua ascesa politica l’ha preparata prima nelle sezioni di partito, creando e rafforzando la Democrazia Cristiana, poi sottoponendosi a un lungo e duro tirocinio nella gestione delle amministrazioni locali, e successivamente in Parlamento. Con un duplice risultato positivo: 1) di essersi formato politicamente cominciando dal basso e raggiungendo quindi, passo dietro passo, leve più alte sia nel partito che nel Governo; 2) di aver raccolto e aumentato il consenso attraverso un rapporto quotidiano e costante con la gente della quale si è posto al servizio.
E’ evidente che sotto questo aspetto nessun accostamento e nessuna somiglianza sono possibili con i politici di oggi, che oltre ad avere un rapporto trascurabile o nullo con l’elettore, scarsa sensibilità dimostrano verso il bene pubblico, in assenza di progetti e iniziative di interesse generale.
E’ su questo aspetto che il governatore Chiodi e tutti gli altri della politica contemporanea, sia di maggioranza che di opposizione, dovrebbero confrontarsi ed esprimersi. Magari coinvolgendo chi non ha difficoltà a porre domande scomode e precise, per dipingere quello che è il vero quadro della realtà, piuttosto che una rappresentazione di quello che si desidererebbe che fosse.
Quando si dice che la politica deve cambiare e rigenerarsi, significa soprattutto che bisogna affondare il bisturi impietosamente, senza facili autocelebrazioni, che non possono fare bene a nessuno. Tanto più a una Regione come l’Abruzzo che prima di ogni altro ha bisogno di verità e di politici di almeno conclamata umiltà.
Cosa che invece non c’è ancora, e la lezione del vecchio zio Remo, nel suo novantesimo compleanno, dovrebbe essere una spinta e un incentivo verso questa direzione.