PrimaPagina edizione Novembre, 2012 n. 31 – ESCLUSIVA riservata a PrimaPagina
di Giulio Tremonti – Ministro dell’ Economia e delle Finanza (governo Berlusconi), Ordinario Facoltà di Giurisprudenza Università di Pavia. Condirettore “Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze”.
“SIAMO IN GUERRA”
Il campo della politica italiana ci si presenta oggi diviso in tre parti, tra di loro
più o meno equivalenti per consistenza: il blocco dell’astensione, il blocco della protesta e dei movimenti, il blocco dei vecchi partiti. In particolare il blocco dell’astensione è oggi cifrato sul 30% – 40%. Si noti che non è una astensione riflessiva (“ci sto pensando”), ma reattiva (“andate a quel paese!”).Può essere che la consistenza di questo blocco si riduca, con il progressivo avvicinarsi della scadenza elettorale. Ma non è sicuro. Anzi, potrebbe anche essere l’opposto. Per contro, è sicuro il ribollire, il rumore negativo e reattivo che viene dalla “rete”. Non è prudente sottostimarlo (“sulla rete c’è solo il 20% giovane della popolazione”). In realtà, sulla rete non ci sono solo i giovani e, comunque, mentre venti anni fa erano i padri che facevano opinione sui figli, ora è il contrario! Infine c’è il blocco (si fa per dire) dei vecchi partiti. Il primo blocco, se conserva la sua attuale consistenza o addirittura cresce (?) rischia di delegittimare in radice il prossimo Parlamento; il secondo blocco non sarà certo composto da automi d’Aula, disciplinatamente disposti a schiacciare a comando i pulsanti del voto. E’ facile prevedere un forte tasso di spontaneismo, di frantumazione rivendicativa, di combattività non convenzionale; sui vecchi partiti, o quel che ne resterà, c’è poco da aggiungere.
Siamo in guerra. Dentro una strana guerra: economica, non violenta, “civile” e per questo diversa da quelle del passato. Soprattutto una guerra economica. Ma pur sempre una guerra! Possiamo perderla, questa guerra, se per paura accettiamo di farci colonizzare, se nel 2013 votiamo per dare il nostro richiesto consenso al nostro assistito suicidio. Da quando hanno deciso di “salvarci”, sottomettendoci ad una cura che loro chiamano “distruzione creatrice”, abbiamo infatti in Italia troppe tasse e troppa paura. Un conto è tassare il reddito prodotto, un conto è impedire con le tasse che il reddito sia prodotto!Puoi liberalizzare o puoi spaventare, ma non puoi fare tutte e due le cose insieme! Una volta si falliva per i debiti. Oggi in Italia si fallisce anche per i crediti, perché il denaro – fatto per circolare – non circola. Nel dopoguerra non c’erano i soldi, ma c’era la vita! Oggi in Italia è l’opposto: non si compra, non si assume, non si investe. Nelle nostre strade si stanno diffondendo i cartelli “compro oro”. Weimar cominciò così, quando la crisi arrivò al ceto medio.
Tra poco ci diranno che la nostra economia si indebolisce, che il nostro debito pubblico cresce, che così l’Italia non lo può onorare, che perciò dobbiamo chiedere l'”aiuto” europeo, ma che per questo dobbiamo fare “ancora di più!”. Questo è il presente e questo sarà anche il futuro, se ancora si crede alla propaganda dominante: l’Italia avanza, l’Italia attacca… goal della Germania!
Se continuiamo così, di sicuro vincono solo la speculazione internazionale e l’industria straniera, perché il contagio finanziario si sta già trasmettendo dal bilancio pubblico a quello delle banche, che di riflesso strozzano le nostre imprese, così destinate ad essere chiuse o spiazzate o comprate dalla concorrenza estera.
E’ così che ora, come centocinquanta anni fa, come è scritto nel principio dell'”Inno d’Italia”, siamo noi stessi a voler essere “calpesti e derisi”, via via perdendo la nostra sovranità nazionale, la nostra dignità personale, la nostra democrazia, la nostra libertà, i nostri risparmi. Oppure possiamo vincerla, questa guerra. Possiamo vincerla, ma solo se vinciamo la paura. Come è stato detto, in un tempo drammatico come questo, l’unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa. Perché è la paura, e solo la paura, che fa paura.
L’Italia è (ancora) enormemente ricca, più ricca di quanto si dice agli italiani. E fuori si ammette che è proprio per questo, che ci si vuole colonizzare.
Ed è ancora proprio per questo che, visti da fuori, sembriamo vittime di una truffa o di una beffa, o di tutte e due le cose insieme. In ogni caso, che sia truffa o beffa, ciò che in assoluto dall’estero ed all’estero conviene è fare ruotare, con gli “spread”, la manopola della nostra paura. Lo si fa perché si sa che è sufficiente far credere che un paese non ha scampo, perché questo davvero non abbia scampo!
Siamo dunque sulla “Linea del Piave” e la prima battaglia da vincere è una battaglia da combattere sul campo della volontà e dello spirito. Le difficoltà esistono infatti soprattutto nella nostra testa!
Siamo noi che dobbiamo scegliere: rassegnati a subire o decisi a cambiare; colonizzati perché presunti debitori verso l’estero o ancora padroni a casa nostra! Molto si può fare per uscire dalla trappola, per spezzare la catena della nostra sopravvenuta dipendenza dalla speculazione finanziaria internazionale, per farlo senza patrimoniali o prestiti forzosi o svendite disastrose, ma lasciando i soldi nelle tasche degli italiani. Non è che poi si entra nel “paese di Bengodi”. Serviranno ancora sacrifici, ma questi avranno un fine ed una fine e sarà proprio per questo che gli italiani lo capiranno. Sacrifici, certo, ma non per fare guadagnare gli altri, piuttosto per mettere davvero in sicurezza l’Italia e gli italiani.
Messa in sicurezza l’Italia, l’economia italiana può essere fatta ripartire, ed allora potremo smettere di parlare solo di soldi, perché l’uomo non è fatto ad immagine e somiglianza del denaro o delle merci, ma per guadagnarsi il pane con il lavoro e con il sudore della fronte.