GIUSEPPE LAVENIA SUL CASO ANDREA PROSPERO: “IL WEB NON PUÒ DIVENTARE UNA TERRA DI NESSUNO”

Roma, 18/03/2025 – Andrea cercava aiuto. Ha trovato un boia. Si è aperto, ha mostrato
le sue ferite sperando in un po’ di conforto, ma dall’altra parte dello schermo c’era chi
ha preferito affondare ancora di più la lama. Quando ha esitato, quando ha detto “non
ho il coraggio”, nessuno lo ha fermato. Anzi, qualcuno gli ha detto come farlo.
Oggi ci indigniamo. Ci chiediamo come sia stato possibile. Ma è successo perché il web
è un’arena dove il dolore diventa uno spettacolo, la sofferenza un gioco di ruolo, la
morte un’opzione discussa con la leggerezza di un consiglio su cosa indossare. Andrea
non ha trovato chi lo salvasse perché online l’empatia è un’illusione: le parole scorrono
veloci, ma nessuno guarda negli occhi chi sta male.

Il problema non è la tecnologia. Il problema è un’intera generazione che cresce
imparando a comunicare con gli emoji, ma non a riconoscere il dolore di chi ha davanti.
La tecnologia si basa sulle emozioni, ma non sui sentimenti. Può amplificare rabbia,
paura, tristezza, ma non insegna a prendersi cura dell’altro. E così, dietro uno schermo,
un ragazzo può morire e l’unica reazione di chi lo ha istigato è la paura di essere
scoperto, non il rimorso.

Ecco perché dobbiamo rendere obbligatoria l’educazione all’affettività nelle scuole. Non
possiamo più permetterci ragazzi che sanno tutto sui social, ma niente sulle relazioni
umane. Se non impariamo a metterci nei panni dell’altro nella vita reale, continueremo
a essere incapaci di farlo anche nel digitale. E diventeremo sempre più soli, sempre più
indifferenti, sempre più pericolosi gli uni per gli altri.

Perché il vero problema non è internet. È che ci stiamo dimenticando cosa significhi
essere umani. Ecco perché serve un numero di emergenza sempre attivo, un luogo
dove chi è in difficoltà possa chiedere aiuto e trovare una voce che sappia rispondere.
Perché Andrea non doveva morire. E perché nessun altro debba sentirsi mai più solo
come lui.

G.L.