Dai cervelli che tornano alla (ri)scoperta del senso di nazione, un viaggio attraverso le storie di
giovani italiani, di ieri e di oggi.
La meglio gioventù a cui l’ex ministro Giorgia Meloni si riferisce nel suo libro “Noi Crediamo” è quellache, al di la della retorica, ha sceltodi assumersi la responsabilità del proprio futuro.
Ha idee e fa di tutto per realizzarle. Storie di ragazzi che “ce l’hanno fatta” a dispetto della disperazione e del momento storico che stiamo vivendo. Alla Sala polifunzionale della Provincia, dove si è tenuta la presentazione del libro, con la partecipazione dell’Assessore regionale Paolo Gatti, la giovane Onorevole PDL ne illustra i contenuti con calore, ma anche con grande serenità: ” Quando sento parlare di fuga di cervelli – esordisce – penso che sia diventato uno slogan anche troppo abusato, perché per tanti che scelgono di andare altrove, ce ne sono tanti altri che rimangono. E tanti che tornano, dopo aver fatto all’estero esperienze che li hanno formati, arricchiti e preparati. Mai come oggi i giovani hanno avuto l’opportunità di allargare i propri orizzonti culturali e professionali per acquisire quei meriti che devono diventare requisiti indispensabili per accedere al mondo del lavoro. Perché questa è la vera sfida da vincere. Il cambiamento culturale necessario a sradicare i privilegi consolidati”. Una visione in positivo, ma anche una analisi lucida, supportata da dati reali, quella illustrata dalla Meloni, che argomenta le critiche e ne indica le possibili vie di uscita, dal lavoro, che non può più prescindere da un dialogo reale tra istruzione e imprese, con l’adeguamento del settore istruzione e ricerca alle richieste del mercato occupazionale. E dove parole come uguaglianza e egualitarismo sono accezioni antitetiche: ” L’uguaglianza rappresenta l’opportunità per tutti di accedere all’istruzione di qualità e diviene presupposto del merito, mentre l’ugualitarismo, livellando tutti i punti di arrivo ne diviene la negazione” – continua l’Onorevole. E poi prosegue sulla “deriva oligarchica dei partiti” e la legge elettorale, da rivedere certo, ma da non demonizzare perché “il bipolarismo ha comunque assicurato all’Italia governi stabili e longevi che mai si erano visti nei 50 anni della Prima Repubblica”. E insiste sul tema dei finanziamentipubblici ai partiti che a suo avviso vanno mantenuti, pur con una serie di modifiche: “i rimborsi devono essere dei rimborsi, non denaro da investire. Perché un partito dovrebbe investire? I partiti devono usare i finanziamenti pubblici per fare solo politica, ma una politica per tutti, né per chi può permettersela in base al censo, né all’americana, in mano alle lobbies private. È necessario selezionare la classe politica, ma il consenso è l’unico strumento meritocratico della democrazia”. E conclude con un accorato appello alla riscoperta del senso di nazione come appartenenza ad un comune spirito di sacrificio: “Non abbiamo bisogno di eroi dal Sudamerica, basta riscoprire la nostra storia, il nostro Risorgimento. Giovani come Mameli, i nostri eroi, che con il loro sacrificio, ci insegnano a credere che i sacrifici che oggi noi affrontiamo sono l’anello di una catena che unisce una nazione attraverso tutte le sue generazioni”. E non è retorica.