“C’è tanto da fare in Abruzzo”. Gloriano Lanciotti che insiste sullo stato di una situazione la cui responsabilità ricade pesantemente sulla classe politica uscente. Che a suo dire “ha dimenticato il territorio, ha dimenticato Teramo, la Val Vibrata,le zone interne di montagna e che proclamava un “modello Teramo” da esportazione il cui fallimento oggi è sotto gli occhi di tutti”.
Cifre alla mano, la categoria delle imprese che rappresenta, in quanto Direttore di CNA, è quella che più di tutte ha subito pesantemente gli effetti nefasti della crisi. “Un passo indietro di 14 anni. Questa è la situazione. E l’Abruzzo diventa un caso nazionale, con una caduta percentuale delle nuove imprese artigiane del 2, 81% – spiega Lanciotti – Chieti, Teramo e L’Aquila sono le province che decrescono più vistosamente. Tra le ragioni, il ritardo con cui in Abruzzo si sono affrontati i temi di specializzazioni produttive, sistema distributivo, innovazione ed esportazioni. Per superare questo ritardo bisogna fornire alle imprese i necessari strumenti per definire gli obiettivi di valorizzazione territoriale e settoriale delle attività produttive.” Sono essenzialmente tre i punti su cui non si può più evitare di intervenire, secondo Lanciotti e sono: “la formazione, in quanto rappresenta la nostra energia per il futuro, e non solo come cuscinetto sociale, ma come portatrice di eccellenza e benessere. Importante rivedere le modalità di fruizione, le modalità di costruzione dei bandi, per sviluppare competenze necessarie al mercato” . Il secondo punto riguarda l’economia della cultura ovvero “la cultura che genera economia, smentendo definitivamente la famosa frase di Tremonti e rifiutando lo snobismo intellettuale nella consapevolezza dei punti di forza del nostro paese e della nostra regione: “non si può pensare di creare ricchezza con i combustibili fossili perché non ne abbiamo- continua Lanciotti- ma abbiamo arte, storia, percorsi e usanze religiose ecc. Usciamo dalla retorica di “conservare le nostre tradizioni” e usiamo la nostra storia anche per proteggerla”. Terzo punto l’Europa: tornare a dare centralità alla funzione politica della nostra regione, “la disaffezione attuale all’Europa– aggiunge – deriva anche dalla responsabilità di tanti amministratori e politici che non hanno saputo interloquire con le istituzioni europee. Bisogna invece conoscerla e imparare a muoversi al suo interno, per aiutare le imprese. E per intervenire sia sul piano degli incentivi, riaprendo i rubinetti del credito (perché non è possibile che la lobby delle banche tenga in pugno tutta l’economia), sia sui disincentivi, e penso al proliferare di una inadeguata grande distribuzione che sta desertificando i centri cittadini e la morte di decine di piccole imprese.
Ma per far questo– conclude – c’è bisogno di una classe politica i cui comportamenti siano sobri, etici e volti all’interesse comune. C’è bisogno di un paese normale, dove fare impresa non sia una corsa a ostacoli, dove ottenere un finanziamento non sia un miracolo”.
PrimaPagina edizione Aprile 2014 – Antonella Lorenzi