Il dramma della disoccupazione giovanile è epocale.
Una generazione di padri che non riesce ad uscire dignitosamente dal lavoro e una generazione, i figli, che non riesce, dignitosamente, ad entrare.
Entrambe queste situazioni sono imputabili a tutti coloro che, governando, hanno reso possibile questa aberrazione.
Ricordiamo le lacrime della Fornero che probabilmente aveva già l’immagine della devastazione in arrivo e che oggi si affanna a ripetere che la sua legge va rivista se non abrogata. In questo frangente non esiste la bacchetta magica, si sa, ma occorre fare una scelta coraggiosa.
Un patto generazionale e un impegno economico straordinario per colmare questo baratro. Sembra però che lo sforzo di trovare risorse per rianimare il “paziente” non trovi nessuno disposto a lavorarci sul serio, al contrario, per le Banche distrutte dalla finanza “creativa” e dai grandi debitori lo sforzo trova sempre una risposta. E sempre a spese dello Stato, quindi dei cittadini, anche quelli senza lavoro, anche quelli che lo hanno perso e quelli che non lo hanno mai trovato.
E più si va avanti e più quel baratro cresce fino a trovare la sua apocalisse quando i giovani di oggi si ritroveranno non più giovani e con pochi contributi versati. Una generazione iperpreparata e inutilizzata a scontrarsi con una generazione obsoleta e non più in grado di rispondere alle esigenze delle nuove domande professionali. Solo a titolo di esempio immagino settantenni infermieri a fare turni in ospedale, o settantenni operai in fabbrica, o settantenni impiegati in uffici molto più tecnologici di quanto lo fossero quando sono entrati. Un contrasto stridente, un incubo, vedere i propri figli a casa che non possono progettare un futuro e i vecchi in azienda, tra l’altro, salute permettendo. Un incubo per la futura domanda di Sanità e assistenza di una società che invecchia, ma che non può permettersi di farlo.
E poi c’è la Sanità, quella che tutti paghiamo, e anche cara, e che a fronte della spesa offre sempre meno servizi. Sempre meno posti letto, sempre meno esami, sempre meno prevenzione, sempre meno cure. “Non c’è posto” nei Pronto Soccorso ( che dovrebbero chiamarsi Forse Soccorso), non c’è posto nei pochi ospedali rimasti, non c’è posto e non ci sono neanche strutture specifiche per specifiche necessità.
Ed è grottesco leggere che il Ministro della Salute “difende i medici” che hanno curato i pazienti stendendoli a terra, per (la solita) mancanza di spazio. Ci mancherebbe altro! I medici (e i paramedici) lavorano con gli strumenti e i mezzi che hanno a disposizione. L’indifendibile è lei. Lei che manda gli ispettori quando la responsabilità dello scempio, almeno in questo momento, è solo sua.
Cosa dovrebbero trovare gli ispettori?
I posti letto tagliati?
Gli spazi ridotti?
Il personale sempre esiguo?
Meno male che ci sono persone che pur in difficoltà fanno il loro dovere. Ma il dovere della Politica qual è? Quella di servire i cittadini o le banche?
Vorrei che i giovani si arrabbiassero contro questo abominio, vorrei che chiedessero, civilmente, democraticamente ma con fermezza quello di cui hanno diritto. E vorrei che i genitori li supportassero. Perché l’indecenza non è solo impedire alle nuove generazioni di prendere il loro posto nella società, ma è indecente che un Governo proponga l’APE a chi, dopo aver lavorato per decenni, deve indebitarsi per altri 20 anni.
E davvero mi auguro che nessuno l’attuerà.
E poi vorrei vedere un confronto politico che abbia come fine ultimo il bene comune, non la”guerra di bande” a suon di insulti e di scaricabarile.
Certo oggi non è facile fare politica, ma quando l’obiettivo è la qualità della vita sociale non dovrebbero esserci scontri, solo valutazione delle proposte, oggettivamente, dovrebbe essere una gara a chi fa meglio, a chi trova la soluzione migliore.
Invece siamo ancora ai guelfi e ghibellini. Dove sono le risposte?