Il Comune che verrà: Analisi e prospettive

Dai segnali politici che emergono nel dibattito pubblico, appare evidente come stia maturando il tempo per archiviare definitivamente l’esperienza del sindaco Brucchi ed aprire una nuova stagione per la nostra città.

 

Troppi esponenti della maggioranza comunale hanno manifestato fastidi, puntualizzato distanze, formalizzato distinguo, espresso dissensi tali da lasciar presupporre come la crisi municipale sia oramai irreversibile.

Quando questo mancato sindaco (mancato perché Brucchi non si è mai messo in aspettativa dal suo lavoro e non ha mai fatto il sindaco per davvero) sloggerà da Piazza Orsini sarà un bel giorno per Teramo, ma è necessario creare da subito le condizioni per una transizione verso un governo migliore, perché gli ultimi dodici anni ci hanno dimostrato che al peggio non c’è mai fine.

La situazione politica, cristallizzatasi un anno e nove mesi fa alle elezioni amministrative del 2014, non sembra aver subito interessanti evoluzioni, semmai vi sono state nuove involuzioni, cambi di casacca, ripensamenti, in un continuo stillicidio di crisi di coscienza, riposizionamenti, promesse mai mantenute di rimpasti, azzeramenti e scatti di reni e di orgoglio per il presunto bene della città.

Sulla scena pubblica non sono emerse personalità di rilievo, forze fresche, energie nuove tali da alimentare speranze consistenti e non meri sogni da cassetto.

Pur tuttavia è proprio dalle scorse elezioni comunali che deve ripartire l’analisi per approdare a conclusioni non campate in aria. Mezza città nel 2014 si schierò con Brucchi, l’altra mezza si è divisa fra il 24% accordato a Manola Di Pasquale e il 26% accordato agli altri 5 candidati sindaci che si opposero al mortifero duopolio centrodestra-centrosinistra.

Lo scenario comunale teramano, ovviamente, non può che risentire delle folate che provengono dal livello regionale e dal governo nazionale. In ragione di ciò, molto diversi potrebbero essere gli esiti delle consultazioni locali se si dovesse votare il prossimo anno (quando ci saranno i nuovi sindaci di Roma e Milano e si saprà se Renzi sarà ancora in sella oppure se sarà tramontato con il referendum sulla riforma costituzionale), ovvero se si votasse nel 2018 unitamente alle politiche (quando si saprà se l’area tancrediana avrà compiuto la transizione nel centrosinistra), ovvero ancora se si dovesse votare alla scadenza naturale del 2019 unitamente alle elezioni regionali (quando si saprà il destino di Luciano D’Alfonso).

Come che sia, riteniamo utile evidenziare i cardini imprescindibili e le linee guida sulle quali fondare ogni idea di raggruppamento o di coalizione, nella quale sintetizzare una prospettiva nuova per la città e nella quale far confluire un programma realistico e condiviso.

Il fallimento delle gestioni Brucchi è soprattutto il fallimento dei suoi due genitori politici: Paolo Gatti e Paolo Tancredi, i quali esprimono ancora oggi sette assessori comunali su nove. Gatti e Tancredi rappresentano la faccia familistica e retriva della politica cittadina, quella orgogliosamente clientelare, quella delle segreterie personalistiche e delle raccomandazioni sbandierate.

Paolo Tancredi, in particolare, resta l’ultimo politico italiano a rivendicare la remuneratività economica della sua attività politica:

“Finché mi converrà fare il senatore lo farò” (Ballarò, 26 marzo 2013);

“Continuerò a fare politica fino a che avrò uno stipendio adeguato e perché questo mi serve perché ho famiglia” (Teleponte, 9 aprile 2013);

“Finché sarà conveniente fare politica continuerò a svolgere il mio compito di deputato. Se diventasse sconveniente, penserei ad altre strade” (L’Occidentale, 10 aprile 2013).

Non occorrono commenti.

Spezzare codesti potentati che si tramandano di padre in figlio e superare codeste visioni ombelicali che hanno gettato Teramo nell’imbuto di una regressione alla quale non sembra esserci fine è obiettivo prioritario per chiunque voglia davvero aprire una fase nuova nella politica cittadina.

Per tale motivo – come associazione Teramo 3.0 – respingiamo alla radice ogni ipotesi di dialogo e di apertura nei confronti di chi resti legato ai due predetti capibastone.

Sotto altro aspetto, il secondo mandato di Brucchi si è materializzato quale esito inesorabile del fallimento politico del PD, un partito che a Teramo ha toccato il fondo del 16,5% proprio lo stesso giorno nel quale superava il 40% alle elezioni europee, e nonostante l’avversario fosse popolarmente debolissimo.

Il candidato sindaco Manola Di Pasquale è riuscita a fare il vuoto attorno a sé, allontanando persino i suoi naturali alleati di sinistra (Giannella e Cordone), e in questi due anni si è compresa benissimo la sua vera vocazione: quella di usare la politica come uno strumento per i propri interessi personali (infatti è divenuta illegittimamente presidente del CdA dell’Istituto Zooprofilattico), in luogo di interpretare la politica come un servizio volontario per il bene della città.

Alla luce dell’esperienza del governo Renzi (che ha stremato gli italiani) e del governo regionale di D’Alfonso (che sta paralizzando l’Abruzzo), appare evidente come ogni ipotesi di dialogo con il Partito Democratico si tradurrebbe in una volontà esplicita di calpestare la Costituzione (vedi il referendum Trivelle e il referendum sulla “schiforma” costituzionale, entrambi da celebrarsi nel 2016), calpestare la legalità (vedi le quotidiane nomine illegittime, le norme anticostituzionali, la difesa dei privilegi in danno delle fasce deboli), calpestare la sensibilità ecologica, calpestare la coerenza, calpestare una pianificazione strategica. In definitiva vorrebbe dire giocarsi la reputazione.

Pertanto, è importante fissare un altro imprescindibile pilastro politico: è impraticabile qualsivoglia apertura o tentativo di approccio con chiunque rappresenti o appoggi il PD locale, provinciale, regionale e nazionale.

Al di fuori di tali paletti e di tali preclusioni, per tutti coloro che condividessero con noi la convinzione che occorra superare le brutture esistenti per far schiudere le porte di un rinnovamento onesto e radicale, esprimiamo formalmente la più ottimistica apertura di credito a tutte le soggettività cittadine che abbiano voglia di confrontarsi con una progettualità e di sedersi ad un tavolo per dialogare ed elaborare un programma condiviso.

Un invito, il nostro, rivolto certamente a quel 26% di teramani che si opposero coraggiosamente al duopolio sistemico centrodestra-centrosinistra, ma anche a tutti coloro che abbiano voglia di mettersi in gioco e sentano l’urgenza di agire prima che le nefaste conseguenze dell’Amministrazione in carica divengano irreversibili.

E nemmeno ci sentiamo di dover escludere coloro i quali, sebbene abbiano fatto parte o abbiano precedentemente appoggiato i partiti di sistema e le Amministrazioni di malgoverno, abbiano alfine comunque maturato la convinzione che solo un’alleanza civica terza ed equidistante, senza scheletri nell’armadio e aliena da padrini e da padroni, possa provare a risollevare le sorti della nostra città.

Sono maturi i tempi per una riconciliazione politica che passi attraverso una vasta condivisione di obiettivi e di programmi, rifuggendo la rassegnazione, riponendo in cantina i vecchi arnesi della politica politicante, gettando il cuore oltre l’ostacolo per dare nuovo ossigeno ad una Teramo asfissiata.

 

 

Il Consiglio Direttivo di TERAMO 3.0

 

                     Mauro BAIOCCO                                                                      Aniello DE FILIPPO

 

        Cristiano DI DOMENICANTONIO                                                         Christian FRANCIA

 

                      Enrico MELOZZI                                                                         Ernesta RASTELLI

 

                  Leda SANTOSUOSSO                                                                      Iuri TOMASSINI