“La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose; il coraggio per cambiarle.” (Sant’Agostino)
L’entità del momento che stiamo vivendo, nella sua drammaticità, l’ha data una piazza, famosa, maestosa, celebrata e conosciuta in tutto il mondo, che mai si era mostrata in questa veste. Vuota, infinitamente vuota. Il cielo grigio di una primavera triste, una pioggia che evoca il dolore di migliaia di affetti perduti. E in fondo un punto piccolo, bianco, che si muove lentamente, l’andatura leggermente claudicante. Un uomo che li rappresenta tutti, quando racconta quello che tutti sentiamo : “Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo trovati impauriti e smarriti”. Nella preghiera di Papa Francesco la foto completa di questi difficili giorni.
Eppure quell’immagine, nella sua emozionante fragilità esprime un concetto esattamente opposto. L’Uomo, così piccolo, nella vastità della Piazza, ne riempie il vuoto con il coraggio della speranza nella paura. Lo stesso coraggio che libera la mente da “propositi di imballare e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente salvatrici, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità. Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine”.
Questa pandemia ci sta imponendo di “reimpostare” tutto quello di cui facciamo parte, società, lavoro, valori, princìpi e perché no, anche la fede. È l’ennesima prova da cui si potrà uscire migliori o peggiori, questo si, dipende da noi.
La limitazione può diventare salvezza. La responsabilità, che da troppi anni nel nostro Paese rappresenta solo una voce in più sullo stipendio e nessun onere, diventa fondamenta per il prossimo futuro.
Ci sarà un momento in cui si faranno un po’ di conti, si analizzeranno i numeri spaventosi di questi terribili giorni e si dovrà ricostruire una società in cui le vittime dovranno essere onorate da scelte coerenti. Mercati, economie, politica non servono a niente e nessuno se un virus immobilizza un intero pianeta e annulla sistemi immunitari e comunitari.