IMMOBILI COME BANCOMAT DEL FISCO

Immobili come bancomat fiscali. Italia seconda nell’Ue per tassazione sulla casa: superati i 26 miliardi di euro di gettito nel 2022, la precede solo la Francia, che la raddoppia con oltre 58 miliardi di euro, mentre seguono la Germania e la Spagna con 15 e 14 miliardi rispettivamente. Dopo le raccomandazioni della Commissione europea inviate all’Italia (si veda ItaliaOggi del 20/6/2024), in cui si suggeriva un maggiore utilizzo delle imposte ricorrenti sui beni immobili e uno spostamento di parte del carico fiscale dal reddito da lavoro, l’esecutivo Ue torna sull’annosa tassazione della casa nel suo report annuale sulla fiscalità nell’UE presentato giovedì a Bruxelles.

Imposte ricorrenti

“Le imposte ricorrenti sugli immobili sono talvolta considerate favorevoli alla crescita rispetto ad altre categorie fiscali“, spiega il report. Forniscono una fonte di entrate “stabile con distorsioni molto limitate poiché le proprietà non possono essere spostate”. Tuttavia, il design delle imposte sugli immobili è cruciale per evitare effetti negativi: se non progettate correttamente, possono avere un impatto regressivo, cioè pesare maggiormente sulle fasce di reddito più basse. Inoltre, le imposte sugli immobili possono influenzare le attività edilizie e di ristrutturazione. Allo stesso tempo, le imposte di trasferimento sugli immobili (registro, ipotecaria e catastale) possono aumentare i costi delle compravendite, “riducendo le transazioni e rendendo il mercato immobiliare meno dinamico.”

Successioni e donazioni

Della categoria più ampia delle imposte sulle proprietà, il report rivela che ad oggi le imposte sulle successioni e sulle donazioni rappresentano una quota molto piccola delle entrate fiscali totali nell’Ue, nonostante più della metà di tutte le ricchezze nei grandi paesi dell’Europa occidentale sia stata acquisita tramite eredità. Nel 2022, la quota delle imposte su successioni, eredità e donazioni nel mix fiscale di quegli stati membri che le applicano era dello 0,6% delle entrate fiscali totali. Due terzi degli stati membri applicano una tassa di successione, sebbene l’aliquota e la struttura varino considerevolmente, con le aliquote applicate che dipendono dall’entità dell’eredità e dalla distanza tra il donatore e l’erede (dallo 0% come aliquota minima fino all’87,6% come aliquota massima).

Limitare le disuguaglianze

“La tassazione delle eredità è vista come un modo per limitare le disuguaglianze alla nascita e aumentare l’offerta di lavoro”, indica il report, mentre “l’eredità è uno dei principali motori della riproduzione della ricchezza e delle disuguaglianze”. Inoltre, la ricchezza ereditata può ostacolare la mobilità sociale e, con la crescente concentrazione della ricchezza al vertice della distribuzione, è probabile che limiti sempre più la mobilità sociale in futuro. In questo contesto, emerge l’interesse per una imposta patrimoniale, come anche dimostrato dalle discussioni intavolate in sede al G20. Tuttavia, la principale sfida alla tassazione della ricchezza è il rischio di fuga di capitali. Ulteriori questioni sorgono nell’identificazione dei beni e del loro titolare effettivo. Un’altra sfida correlata è la valutazione dei beni: poiché i beni possono assumere varie forme, valutare ricorrentemente e coerentemente il valore di più beni, come opere d’arte o investimenti detenuti attraverso varie sussidiarie può diventare difficile per le amministrazioni fiscali e costoso per i contribuenti. Infine, una tassa sulla ricchezza pone anche vincoli di liquidità. Nel caso di trasferimento di un’impresa familiare attraverso l’eredità, tassare i flussi di cassa imputati può portare a problemi di liquidità e obbligare gli individui a vendere l’impresa.

 

fonte: ItaliaOggi