Gli spacciatori invecchiano. Ragazzotti traditi da loro stessi e dalla vita, prima ancora di iniziarla, poi ultracinquantenni con rughe ammonticchiate da cambi di rotta mai tentati. Anche i poliziotti invecchiano, e a sessant’anni, improrogabilmente, vanno in pensione. Ma continuano a incontrarsi, magari per il corso principale,
spacciatore e poliziotto. La città è minuscola, e le strade intersecano con inspiegabile frequenza gli opposti volti della legge. Comunque. Così, a Matteo Del Fuoco, fino all’altro ieri capo della squadra mobile e vice questore, capita di incrociare visi “stranoti” di quel passato recente, e di trarne conclusioni che l’esperienza suggerisce. Senza fatica. ” Li cerco con gli occhi. Se mi salutano – racconta – vuol dire che non c’è nulla in ballo. Altrimenti mi sfuggono, e io capisco…”. Oggi, smessi i panni del “controllore pedissequo del territorio” e addosso quelli dell’avvocato, Del Fuoco dice la sua sull’ultimo delitto in prima pagina. C’è da scommettere che, quando (e se) ne verrà a capo, tra le Marche e l’Abruzzo, avrà avuto ragione. Ancora una volta. Mentre ripassa il tempo in cui, insieme alla sua squadra, il lavoro non contava le ore, e ottenuto un risultato, rilassarsi era proibito. Il confronto con il prima e l’adesso è inevitabile. A capo della Procura c’erano i “grossi” (come li aggettiva), che hanno attraversato la sua strada e, in uffi cio, un continuo confrontarsi con poliziotti a cui non era richiesta una scorta di cultura. Ma onestà e fedeltà quasi scontate. “Pubblici ministeri bravi ci sono sempre stati – aggiunge -, ma bisogna avere una dote in più, un fiuto particolare per arrivare a capo di un’indagine”. La risposta è la sollecitazione ai tanti, troppi, delitti insoluti che allungano la lista della cronaca nera. E ancora: “Il giudice deve trarre il meglio dall’azione di polizia e carabinieri, essere bravo ad acquisire prove. Personalmente ho avuto un rapporto meraviglioso con i procuratori. Oggi, non so perché non è così”. Ed eccoli i nomi di quei “grossi”, da Oronzo a Di Nicola a Barrasso, che nella spoletta del ricordo si affi ancano ad altri che incalzavano la “nera” a nove colonne: la banda Battestini, specializzata in rapine, Valerio Viccei, perso negli anni tra furti, attentati, un omicidio, e poi finito a pistolettate in Val Vibrata. “Ma i crimini più odiosi, per me – precisa Del Fuoco – sono quelli contro gli anziani, spesso massacrati per pochi spiccioli”. L’avventura dell’ex capo della squadra mobile è durata circa vent’anni. Con una interruzione dovuta al trasferimento a Pesaro (“causa un rapporto non proprio idilliaco con il questore di allora”), per tornare ancora a Teramo nel 2001. “Ho ripreso servizio da dirigente il primo aprile. Uno scherzo come si deve…”.
Notte di terrore in Vico della Luna di Matteo Del Fuoco
Le abitazioni si fronteggiano e le giornate scorrono strette tra silenzi e soliti saluti. Finché una notte la violenza manda all’aria pazienza e saggezza, raggranellate con gli anni, nella casa dove dormono due anziane sorelle. Sole, senza uomini accanto a fare da scudo a volti sconosciuti che si parano in camera da letto. Nemmeno il tempo di pensare a un incubo diviso a metà che inizia il tormento. Botte inutili e perverse su corpi e volti fragili per raspare il “tesoro” che i vecchi custodiscono per un futuro che non c’è quasi mai. Le mascelle si frantumano, i rapinatori scappano fra “flebili” urla di resa, il silenzio torna con la paura che prende il posto del respiro. La mala storia si ripete a qualche chilometro di distanza, fuori città, e poi ancora nelle settimane successive. Fino all’epilogo risolutorio. Una banda di delinquenti, un quartetto che si divide il territorio, la notte, e sempre contro chi ha lasciato pian piano le forze con la vita che corre. Ma c’è un’impronta là nel Vico della Luna che la pioggia ha disegnato sul terreno umidiccio. E’ la firma del massacro e l’inizio della risoluzione. Gli arresti, sono solo un sospiro di sollievo. In mezzo, un capillare lavoro di inchiesta. Caparbia e senza tregua.