Anche se trascorsi 150 anni, è difficile dire che, fatta l’Italia, siano stati fatti pure gli Italiani. Anzi, pessimisticamente, si può affermare che gli italiani non siano proprio stati fatti, cioè, non costituiscono ancora un unico popolo che si riconosce in radici comuni e con un forte senso di appartenenza,
come voleva il Mameli. Già subito dopo aver raggiunta l’unità politica, la Destra Storica aveva imposto un’organizzazione amministrativa di tipo centralistico contro l’opinione non solo dei federalisti ma anche della Sinistra in genere. Eppure, al di là della visione che voleva il sud come terra di conquista da parte dei Savoia e l’esercito piemontese come “ultima calata dei barbari” , bisogna considerare che la stragrande maggioranza delle popolazioni dei diversi Stati della penisola, facendo leva sull’insofferenza alle imposizioni della Restaurazione e sull’onda dell’entusiasmo dell’impresa dei Mille, ha contribuito e aderito al processo di unifi cazione in modo veramente plebiscitario. Il territorio teramano, per la sua ubicazione geografi ca e per la sua appartenenza politica, ha espresso sentimenti e posizioni contrastanti nei confronti dell’Unità sotto i Savoia. Teramo stessa ha accolto, in diverse occasioni e prima dell’unità, con scene di giubilo i sovrani Borbonici e/o i suoi rappresentanti in visita alla città. Occorre, pure, tener presente che il Tronto marcava il confine tra un consolidato regno unitario del sud e i numerosi Stati del nord, la cui frammentazione politica è da attribuire a cause diverse. Nella prima metà dell’Ottocento il fiume opponeva lo Stato Pontifi cio a quello Borbonico. Le popolazioni, pertanto, risentivano di questo retaggio storico e, a seconda delle diffi coltà del momento, insorgevano o difendevano i Borboni. L’era napoleonica, ad esempio, aveva creato un clima di avversione all’ancien regime, premessa dei successivi moti insurrezionali, da parte di tanti intellettuali e dei “rei di Stato”, che non erano semplici briganti ma autentici patrioti che lottavano contro i soprusi e le malvessazioni dei regnanti. D’altra parte non è da dimenticare l’Orazione funebre per la morte di Ferdinando II, re delle Due Sicilie, pronunziata da don Alessandro Tonelli, il 4 giugno 1859, nella chiesa di S. Agnese a Corropoli. Il malcontento era generato dalle pessime condizioni di vita in tutta la provincia teramana, la cui economia era legata al solo settore primario (agricoltura, pastorizia, pesca e artigianato per soddisfare le esigenze del settore e della vita quotidiana). Il primato raggiunto dal regno borbonico in tanti ambiti (industria, marineria, credito bancario, tecnologia: illuminazione pubblica, telegrafo, ferrovia, ecc.) era pur sempre limitato alla capitale e ad esclusivo vantaggio della casa regnante, mentre il popolo ne restava escluso. Da questa contraddizione nasce il contributo della provincia all’unità, anche se l’ultima resistenza ai piemontesi venne proprio dalla fortezza di Civitella del Tronto, arresasi il 20 marzo 1861, dopo che il nuovo parlamento, 1l 17 marzo, aveva ecretatol’unità politica del paese. La provincia di Teramo ha dato un fattivo contributo al processo di unifi cazione con tanti carbonarie garibaldini come i fratelli Pasquale ed Emidio Giordani da Teramo ela moglie di quest’ultimo, Maria Imbastaro, di Corropoli. Ai molti patrioti si aggiunge pure Adolfo Borgognoni, letterato e intellettuale, nato a Corropoli, grande mazziniano convinto, come dimostra la sua corrispondenza con Aurelio Saffi.