Dott.ssa Moira Di Luigi, psicologa e psicoterapeuta, e i disturbi specifici dell’ apprendimento.
Come ci ricordano le Linee Guida del 12 Luglio 2012, i “Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA) interessano alcune specifiche abilità dell’apprendimento scolastico, in un contesto di funzionamento intellettivo adeguato all’età anagrafica”. Le abilità che possono essere compromesse sono di lettura (dislessia), di scrittura (disgrafia e disortografia), di fare calcoli (discalculia). Secondo le ricerche scientifiche l’origine di tali disturbi è neurobiologica, con una matrice evolutiva e si manifestano con un’atipia dello sviluppo. Ma ci sono delle novità, come ci illustra la dottoressa Moira Di Luigi, psicologa e psicoterapeuta. Recenti ricerche scientifiche effettuate da vari istituti tra cui l’Istituto di Ortofonologia e l’Istituto Wartegg di Roma, il Dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione dell’Università degli Studi di Padova, hanno rilevato anche che la componente emotiva è precedente al DSA e che l’insuccesso scolastico aggiunge una difficoltà ad uno stato già esistente. Il lavoro è stato realizzato su un campione di 61 bambini con DSA, e relativi genitori, confrontati in un secondo tempo con un campione di controllo di bambini normodotati. Pertanto, si è evidenziata una percentuale significativa, sia nei genitori che nei bambini, di problematiche legate all’ansia.
Quali ulteriori elementi sono emersi dalla ricerca? Nelle famiglie di questi bambini sono emersi livelli più elevati di stress parentali, livelli di efficacia genitoriale carenti e problematiche nella relazione genitore-figlio e a tal proposito l’indagine effettuata sui genitori ha rilevato che il 71% delle madri e il 78% dei padri sono stati a loro volta bambini con ansia di separazione dalle figure genitoriali.
E quindi l’ansia assume un ruolo fondamentale? Certo, perché si tratta di bambini con una bassa autostima e difficoltà a relazionarsi con i pari e, seppur dotati di un buon bagaglio di risorse psicologiche, questo risulta essere “congelato” a causa di un malfunzionamento affettivo.
Solitamente un disturbo specifico del linguaggio viene considerato un segnale premonitore significativo di possibili DSA? Non sempre, visto che le ricerche attestano che i bambini al di sotto dei 5 anni che presentano un disturbo del linguaggio hanno una probabilità di sviluppare un DSA che va dal 35 % al 75%.
Quindi appare determinante una diagnosi precoce? È fondamentale, se consideriamo che prima si interviene e prima è possibile evitare lo sviluppo di un DSA o comunque fare in modo che esso possa essere contenuto in modo opportuno. Per questo è bene promuovere un'”identificazione rapida” del problema, un lavoro che può già essere svolto nella Scuola dell’Infanzia. Perché tutto questo sia possibile è necessario che gli insegnanti delle Scuole dell’Infanzia, meglio se con il supporto di esperti, siano messi nelle condizioni di effettuare osservazioni analitiche su tutti gli alunni.
Qual è il ruolo dell’insegnante della Scuola dell’Infanzia? Nell’ottica della prevenzione, l’insegnante deve individuare immediatamente qualsiasi forma di disagio in riferimento alle aree percettive (visive, tattili, uditive…) all’area corporea e dell’orientamento spazio-temporale, alle abilità legate alla motricità globale, all’attenzione, alla memoria e alle competenze linguistiche. Successivamente l’insegnante deve segnalarlo alla famiglia e/o allo psicologo presente nelle Scuole, dove è attivo un servizio di consulenza.
Ma anche se l’insegnante si accorge che sono presenti dei segnali predittivi, cosa può fare se la famiglia non è d’accordo? Anche la Legge 170/2010 e le citate Linee Guida ribadiscono il ruolo primario della famiglia e del Dirigente Scolastico. Quest’ultimo deve attivare interventi preventivi e trasmettere alla famiglia apposita comunicazione. I genitori si rivolgono ad uno specialista per la valutazione del caso e poi dovrebbero consegnare la diagnosi alla scuola, ma questa fase non è sempre scontata. Il rischio è quello di perdere del tempo prezioso per intervenire adeguatamente. Pertanto, il Dirigente Scolastico, il Referente DSA di Istituto e gli insegnanti dovrebbero trovare un canale comunicativo effi cace per raggiungere lo scopo: garantire il diritto allo studio.
Quali sono i trattamenti opportuni per una “presa in carico”? La”presa in carico” come ci ricorda la Consensus Conference è un processo integrato e continuativo attraverso cui devono essere garantiti e coordinati gli interventi per favorire la riduzione del disturbo, l’inserimento scolastico, sociale e lavorativo dell’individuo, orientato al più completo sviluppo delle sue potenzialità. Nello specifico dei DSA, lo scopo della “presa in carico” è modificare in senso positivo i diversi tipi di prognosi. Occorre intraprendere un percorso multidisciplinare per intervenire ed offrire un intervento adeguato in base alle aree carenti: psicomotricità, logopedia, psicoterapia, terapia cognitiva, terapia ortottica, ecc… e ciò rientra in un progetto riabilitativo.
Recentemente il Comune di Teramo con la collaborazione dell’Associazione Persona e Tutela, ha organizzato un corso formativo-esperenziale rivolto a tutti gli insegnanti delle scuole primarie della nostra città… Sì, i corsi dal titolo “I disturbi dell’apprendimento scolastico: nuove prospettive” sono stati avviati già dal mese di Marzo e con essi si intende mettere in risalto la componente emotivorelazionale che gioca un ruolo fondamentale nel DSA.
Questi corsi sono condotti dalla sottoscritta, in collaborazione con la Dott.ssa Laura Corona e la Dott.ssa Emanuela Torbidone al fine di sensibilizzare maggiormente tutti coloro che quotidianamente si imbattono con tali problematiche.