Mario Lamberti è un artista vero, uno di quelli che senza retorica cerca di fare prima di tutto della sua vita un capolavoro. Che, proprio come la vita, è tutto in fieri, è un divenire costante senza requie e mestiere. I generi che hanno segnato la sua ricerca sono molteplici e ognuno non ‘usato’, ma ‘giocato’ con il piacere del diletto e intelligenza. Ti senti un artista
‘discusso’ o ‘discutibile’? Come i grandi del passato, vieni giudicato solo se fai. Sono sempre molto contento quando qualcuno si esprime sul mio lavoro: in bene o in male, purché se ne parli. Questo, comunque, non mi intralcia, né mi infl uenza. Io sono sempre in discussione e sull’arte si discute sempre. Di generi ne hai attraversati tanti: pittura, poesia, scultura, performance… ma cos’è la tua opera? Generare linguaggio. È un processo che apre l’arte all’infi nito e non è identifi cabile. La base è, per me, l’economia poetica che costituisce l’insieme di principi universali tradotti in un atteggiamento di vita autentico. In questo modo fruitore, autore ed opera diventano un’unità inscindibile e ci si rende vicendevolmente molto più consapevoli della bellezza. Il problema del mondo di oggi è infatti un problema di relazioni. Qual è stato un momento di svolta nel tuo percorso di artista? Sicuramente a Roma, nel progetto IN VITA. Tredici artisti a cui è stata data la possibilità di vivere in un attico della capitale e creare arte sfruttando ogni circostanza possibile. Lì sono diventato un artista-performer, lì credo di aver trovato quel qualcosa che mi ha aperto tutta la successiva ricerca. Era chiaro per la prima volta come non bastasse la sola bellezza, ma la generazione di linguaggio e di verità. Generare linguaggio e verità è lo scopo naturale dell’arte. Ma che rapporto hai con la tecnica? Tutte le tecniche sono state perdute (da me) oppure direi meglio… ‘combustionate’… Ogni autore ricrea un mondo e lo sintetizza in un linguaggio. Il mio livello tecnico è stato solo empatico dal momento che non ho fatto scuole d’arte. Ho compiuto però un autentico sforzo di volontà apprendendo dagli artisti con cui ho lavorato tutto quanto potevo. La tecnica è anche una questione giornaliera, di esercizio mentale e spirituale. C’è un codice etico per gli artisti di oggi che possa essere valido per tutti o per la maggior parte? Intanto saper mangiare e saper bere, e non sto scherzando. La sregolatezza, tanto mitizzata in passato, credo serva fino a un certo punto. Viene spesso riferita ad artisti amati per quello che avrebbero potuto dire piuttosto che ad artisti amati per quello che hanno detto. Poi umiltà e disponibilità. Darei il consiglio di non lasciarsi divorare dal tarlo dell’ambizione, piuttosto di vivere di quello che si ha, nella dimensione in cui si è chiamati. È la vita che deve diventare un capolavoro, non la nostra opera. Anche questo mi ha spinto ad allontanarmi dalle gallerie e ad immergermi nella realtà degli eco-villaggi. Qual è, da artista, il tuo rapporto con il denaro? L’unico rapporto sano che un artista può avere con i soldi è quello di ritenerli solo un mezzo. Altrimenti svanisce il messaggio di ciò che si vuole esprimere. I soldi servono. Spesso un artista deve fare arte anche su commissione, e non è un male. Quindi riesci quasi a vivere solo di arte… Amo il baratto, la forma più antica di commercio. A volte mi capita di contraccambiare le persone (l’altro giorno il meccanico, per esempio) con delle mie tele. Non si può fare sempre, ovvio, però ridimensiona il concetto di ricchezza e povertà. Mario Lamberti si prende così sul serio? Assolutamente ‘ni’, né sì né no! Oggi sono un salv-avanguardista s-cultore. Ogni momento è un’ opera d’arte. Siamo immersi nell’irripetibile…