E’ nato ad Atri nel 1970, attore, regista, drammaturgo e performance artist. Dopo aver lavorato per qualche tempo con il Teatro Stabile Abruzzese, Flavio Sciolè si è dedicato alla ricerca ed ha dato vita al gruppo teatrale Teatro Ateo.
Con spettacoli irriverenti e complessi, ed esibizioni scioccanti ed estreme, è riuscito a mettersi in luce sulla scena teatrale contemporanea. Come attore, ha preso parte a svariati film, tra cui “Pianosequenza” di Louis Nero e l’iperfilm “Farina Stamen” di Luigi Maria Perotti. Dopo aver sperimentato nel campo teatrale, con opere come “Psicosi atea” e “Il re pazzo”, le cui tematiche principali sono la follia e la diversità, Sciolè si è misurato anche con la settima arte, avvicinandosi alla video art ed al cinema di genere. Definisce il suo stile cinematografico come “anticinema”, ed i suoi lavori sono proiettati in festival, musei e rassegne in Italia e nel mondo. Si dedica al cinema sia come attore che come regista e tra i suoi lavori vale la pena ricordare: “Caligola”, “Narciso”, “Ipotesi per un delirio”, “Delirium” e “Art 4 Nothing”. Sei un artista che sperimenta in diversi campi, regista per il cinema e per il teatro, ma ti definisci un “anti-artista performativo”, puoi spiegarci cosa intendi? La mia ricerca si è sempre rivolta al nuovo, alla codifica di nuovi moduli artistici. Questo mio incedere è sempre partito dalla demolizione-distruzione dei codici pregressi, già classici, per partorirne di diversi. Il mio approccio è principalmente indirizzato al ribaltare le regole per esporne di mie, da questo gesto, apparentemente semplice, viene fuori l’anti-artista, l’anti-arte. Nel mio teatro, ad esempio, ho immesso elementi provenienti da altre zone “artistiche” quali la performance e l’installazione. Nel cinema, in venti anni, ho operato a diversi livelli, sempre limitrofi allo sperimentale ma il principale credo sia l’antinarrazione. Il mio creare è più vicino a quello di un pittore che a quello di un regista. Trasformo delle visioni, le mie, in immagini. Nella tua carriera artistica ti sei dedicato anche al documentario, soffermandoti sulle figure, fra gli altri, di due registi appartenenti al nostro cinema di genere, Polselli e Grifi . Quale eredità hanno lasciato a te e al cinema italiano questi autori? Polselli, paradossalmente, non è ancora sdoganato in Italia mentre all’estero è un classico. Il suo cinema ha sviscerato i meandri dell’Io in maniera originale, profonda ed atipica. Il suo cinema ha “ancora” tanto da darci. Grifi lo reputo il massimo rappresentante dello sperimentale italiano (e mondiale) e tra i pochi a non aver deviato il proprio percorso nel corso degli anni. Di loro, umanamente, ho un ricordo splendido: umili, eleganti e geniali. A me, ma soprattutto al cinema italiano, lasciano il loro patrimonio filmico che spero venga riscoperto-rivalutato sempre di più. Ci parli dei tuoi lavori come regista? Il mio anticinema è sempre partito da un’istanza, da un’urgenza creativa. Se non ci fosse stata questa spinta non avrei creato nulla. Credo di non aver mai pensato ad altro da quando, adolescente scrivevo poesie. Ho posto l’attenzione sugli stati marginali dell’Uomo, quelli più labili, più oscuri. “La recitazione inceppata” è il mezzo con cui ho restituito il tutto. Un modulo con cui agendo sull’errore ne ho fatto un qualcosa di positivo, un valore. Tutti noi siamo imperfetti, a termine. Questa imperfezione l’ho esposta esteticamente con una recitazione reiterata ed emozionale e con un uso “sbagliato” della tecnica (montaggio in macchina, rottura dei tempi, per citare un paio di moduli). Tutta la mia filmografi a ha senso solo in quest’ottica, nell’incidente, nell’errare. Sei stato selezionato insieme a 40 artisti provenienti da tutto il mondo per partecipare, a Londra, alla mostra evento UNTOUCHABLE THE MUSICAL, ci parli di questa avventura, cosa significa per te e per il tuo percorso artistico? È stato entusiasmante specie per il rispetto che porto a Franko B, curatore della mostra londinese, e per il contesto legato alla scena mondiale della body-art. L’evento è stato il naturale seguito di UNTOUCHABLE, primo evento svoltosi per 15 giorni a Novembre 2012 ed il cui successo ha portato a questa seconda edizione. Alla prima esposizione ho partecipato con quattro video: Aman4aman (presente alla Biennale di Venezia 2007) ed il Ciclo Decadente (tre video presentati a New York, al Macro di Roma, a Romaeuropa, all’Artcevia Art Festival ed al Wunder Festival). Alla seconda con due. Attualmente è in preparazione un terzo evento. Sempre a Londra, a Settembre, mi è stata dedicata una retrospettiva all’interno del Portobello Film Festival. A cosa stai lavorando attualmente? Sto sviluppando delle nuove opere e dedicandomi a nuovi stati d’essere da restituire: la perdita e la decadenza. Ho da poco terminato il mio ultimo film “Narciso Gray” in cui ho incrociato il mito di Narciso al personaggio di Dorian Gray. In quest’opera, anche per il tema trattato, l’estetica è al centro dell’antinarrazione. In questi giorni , inoltre sono stato selezionato, con il video “Requiem 70” per la nona edizione del Berlin International Directors Lounge, festival internazionale di cinema che si svolge a Berlino.