Alla data di andare in stampa, l’articolo 18 dello Statuto dei Lavori è ancora sul tavolo del Governo. Cerchiamo di capire la logica di fondo che ha portato a valutare la rivisitazione di questo articolo. Oggi lo Statuto dei lavoratori prevede che il dipendente non può essere licenziato in mancanza di giusta causa (sono inclusi quei comportamenti talmente gravi da non consentire la prosecuzione del rapporto)o di giustificato motivo soggettivo (ossia inadempimenti meno gravi degli obblighi contrattuali, un esempio può essere l’abbandono ingiustificato del posto di lavoro). Si parla di licenziamento disciplinare dovuto a comportamenti colposi o dolosi del lavoratore e che, a seconda della gravità degli stessi, si qualificano come licenziamenti per giusta causa o licenziamenti per giustificato motivo(soggettivo). Rientra nel campo di applicazione dell’attuale art. 18 anche il licenziamento effettuato in mancanza di giustificato motivo oggettivo, vale a dire per ragioni attinenti ad un’eventuale crisi aziendale, per motivi di natura economica e/o tecnica, quali la riorganizzazione del lavoro, le innovazioni tecnologiche, la modifica dei cicli produttivi. Il lavoratore che sia stato licenziato in mancanza di giusta causa o di giustificato motivo (soggettivo od oggettivo) può fare ricorso all’Autorità Giudiziaria, la quale – accertata l’illegittimità del licenziamento, emette una sentenza avente ad oggetto l’obbligo del datore di lavoro di reintegrare il lavoratore ingiustamente licenziato. In alternativa, se il lavoratore non intenda tornare ad occupare il posto di lavoro, la legge consente e di chiedere il pagamento di una indennità sostitutiva, pari a 15 mensilità della sua retribuzione globale di fatto “tutela reale”. Questa norma si applica a tutte le aziende con più di quindici dipendenti. Nelle aziende che hanno fino a 15 dipendenti, invece, laddove il giudice dichiari illegittimo il licenziamento, il datore può scegliere tra la riassunzione del lavoratore e un risarcimento in suo favore “tutela obbligatoria”. Come cambia l’articolo 18? Secondo lo Statuto dei lavoratori è nullo qualsiasi atto o patto diretto a licenziare un lavoratore a causa della sua affiliazione o attività sindacale, o della sua partecipazione ad uno sciopero, altrettanto nulli sono i licenziamenti attuati ai fini di una discriminazione politica, religiosa razziale. Tale punto non è stato messo in discussione dalla riforma. Nel caso in di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo soggettivo, legato cioè a motivi disciplinari, si lascia al Giudice la scelta tra il reintegro o l’equo indennizzo, su questo punto ci sono pareri contrastanti, la Cgil vorrebbe mantener l’obbligo del reintegro; Confindustria spinge per limitare quest’ultimo solo a particolari situazioni. Quando il giudice accerta che un licenziamento è avvenuto senza giustificato motivo oggettivo, cioè senza i cosiddetti motivi economici, legati a ragioni organizzative e produttive, è previsto un indennizzo economico. Su questo punto la Cgil ha mostrato meno resistenze.