Mi sposo con la comunione o separazione dei beni?
Questo è forse uno degli argomenti più discussi dalle coppie che si stanno
accingendo ad un passo così importante. La scelta per la comunione dei beni è stata operata dal legislatore con la riforma del diritto di famiglia del 1975, che ha disposto per tutti i matrimoni contratti dopo il 20 settembre 1975 l’applicabilità, in mancanza di contraria pattuizione, del regime della comunione dei beni.
Se gli sposi non espliciteranno alcuna scelta, per legge il regime patrimoniale legale della famiglia sarà automaticamente la comunione dei beni. La scelta del regime patrimoniale potrà comunque essere modificata con atto pubblico di fronte ad un notaio in qualsiasi momento della vita matrimoniale.
La comunione dei beni non è, a dispetto del nome, una comunione di tutti i beni. Occorre quindi distinguere ciò che rientra nella comunione e ciò che invece non vi rientra e appartiene dunque esclusivamente a un coniuge o all’altro. Sono beni della comunione:
1) gli acquisti compiuti dai coniugi insieme o separatamente in costanza di matrimonio;
2) le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio, gli utili e gli incrementi di quelle appartenenti a uno dei coniugi prima del matrimonio ma gestite da entrambi;
3) i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati al momento dello scioglimento della comunione;
4) i proventi dell’attività separata di ciascuno dei coniugi se non siano stati consumati al momento dello scioglimento della comunione; 5) i beni destinati dall’esercizio dell’impresa di uno dei coniugi dopo il matrimonio se sussistono al momento dello scioglimento della comunione.
Sono invece beni personali e non rientrano in comunione:
A) i beni di cui ciascuno dei coniugi era prima del matrimonio;
B) i beni acquisiti durante il matrimonio per donazione o successione, a meno che nella donazione o successione non sia specificato che essi sono attribuiti alla comunione;
C) i beni di uso strettamente personale di ciascuno dei coniugi e i loro accessori;
D) i beni strumentali all’esercizio della professione;
E) i beni ottenuti a titolo di risarcimento per danni;
F) i beni acquistati con il prezzo di alienazione dei beni personali, purché ciò sia dichiarato espressamente nell’atto di disposizione.
Alternativamente al regime di comunione legale dei beni, la legge permette l’applicazione del regime patrimoniale di separazione, il quale deve essere adottato congiuntamente mediante una dichiarazione espressa dei coniugi da manifestare durante la celebrazione del matrimonio, o anche successivamente. Separazione dei beni vuol dire che
ciascuno dei due sposi ha la proprietà esclusiva dei beni acquistati sia prima che dopo il matrimonio, anche se fruiti in comune.
Il regime di separazione dei beni produce l’effetto di attribuire al coniuge che effettua l’acquisto ogni diritto sul bene, in via esclusiva: i patrimoni di marito e moglie restano quindi separati durante il matrimonio, salvi i diritti di successione. Per ottenere la cointestazione di un bene, una volta optato per il regime di separazione, occorrerà esplicitamente dichiarare all’atto dell’acquisto tale volontà.
Ad ogni modo, la comunione dei beni, se, da un lato è il regime più complicato soprattutto in caso di separazione, dall’altro, in caso di successione ereditaria, è quello che più privilegia il coniuge superstite nei confronti degli altri eredi.
Peraltro, il regime di separazione dei beni è quello più comprensibile ed intellegibile, con regole nette e chiare, dove ciascun coniuge possiede quel che già aveva prima del contratto anche dopo il matrimonio.
PrimaPagina, edizione Settembre 2014 – di Avv. Gennaro Cozzolino