I monumenti in una città perpetuano un ricordo antico, di un particolare accadimento o di una persona che si è distinta per aver reso onore e lustro alla propria terra. Nell’ormai consueto appuntamento con Alberto Melarangelo si è voluto approfondire questo peculiare aspetto di Teramo, cominciando dai monumenti alla Resistenza. “Recuperare il senso della propria storia è
qualcosa di fondamentale per una comunità. Spesso l’abitudine fa smarrire il senso storico e artistico dei monumenti che sono da sempre i guardiani della memoria. Comincerei dal monumento alla Resistenza (Madonna delle Grazie), da mettere in relazione con il monumento ai Caduti che si trova ai Tigli. Sono, possiamo dire, i nostri monumenti repubblicani, che simboleggiano la rinascita democratica”. Intanto, chi è l’autore di quel monumento? “Augusto Murer (1922- 1985), artista veneto pienamente inserito nella storia dell’arte italiana. Siamo negli anni settanta (1978) quando, Di Paola sindaco, venne affi dato a Murer (dopo che aveva vinto il bando di concorso) la realizzazione del monumento. Murer ne aveva già realizzati altri in Italia, tra cui quello alla Partigiana a Venezia. Murer era stato lui stesso un partigiano. La scultura è in bronzo, perfettamente inserita in un dialogo aperto e comunicativo con l’ambiente circostante: ricorda in particolare la battaglia di Bosco Martese del 1943, fatta da partigiani e anche semplici cittadini, che affrontarono una colonna motorizzata tedesca. La statua ha un grande vigore espressivo: appartiene a un neo-realismo impegnato, tipicamente suo. Il partigiano ritratto, sventola la bandiera che simboleggia la libertà e la forza delle nuove idee repubblicane. È sicuramente tra i più bei monumenti alla Resistenza nel panorama italiano”. Invece il monumento ai Caduti fu realizzato sotto il sindaco Gambacorta ed è quindi più antico di quello alla Resistenza. Fu realizzato inoltre da Venanzo Crocetti (1913-2003), nostro illustre conterraneo. Che storia c’è dietro questo monumento? “L’elaborazione di quest’opera fu sicuramente più articolata e durò diversi anni prima della sua felice riuscita. Intanto qualche parola su Crocetti: scultore di bravura straordinaria e fiore all’occhiello della scultura italiana del novecento. E non solo. A soli 19 anni vinse (1932) il concorso all’Accademia di San Luca imponendosi all’attenzione di pubblico e critica e nel 1934 potè esporre per la prima volta alla Biennale di Venezia. Bisogna poi dire questo: il sindaco Gambacorta aveva un forte debito affettivo verso tutta la storia della Resistenza italiana e della guerra. Il monumento è un complesso di quattro statue, di cui quella centrale equestre, un cavaliere ccasciato sul suo cavallo, tema che ritornerà più avanti nella poetica di Crocetti. Si crea uno spazio centrale, circolare, come negli antichi monumenti romani. L’impostazione è classica perché il messaggio doveva essere semplice e immediato: il dolore per le insanabili ferite di guerra di una città e di una nazione. Le altre statue simboleggiano infatti i caduti di terra, di cielo e d’acqua. Una pagina dolorosa, ma anche questa da ricordare”. Il Garibaldi di Silvio Mastrodascio, con la spada sguainata – sempre nella zona di Porta Teramo – è stato invece aggiunto di recente per il 150° della nostra unità nazionale. “La statua di Garibaldi completa molto bene il nesso storico, al di là dei suoi meriti artistici che possono essere apprezzati o meno. È importante, infatti, che ci sia questa voglia di recuperare la nostra memoria storica e di imparare a leggere tra le righe del nostro passato”.