Peter “Pete” Santoro nacque a Norwood, in Massachusetts, il 23 gennaio del 1917 da Pasquale e Carmela Ottaviani. Il padre era nato in campagna vicino a Popoli (Pescara), mentre la madre era nata a Pescara da una famiglia di pescatori. Pasquale Santoro giunse negli Stati Uniti nel 1909 e trovò lavoro nella ferrovia, ad Elmira, nello Stato di New York. Vita difficile quella di Pasquale, che comunque riuscì a risparmiare il denaro utile per portare in America sua moglie e i sei bambini che aveva lasciato in Italia. La famiglia Santoro, finalmente riunitasi, si trasferì nella cittadina di Norwood, in Massachusetts, e qui Pasquale trovò lavoro presso la ditta “Bird and Son”. Nel frattempo arrivano altri quattro bambini e l’ultimo sarà proprio Peter. Nel 1920 per un breve periodo, circa sei mesi, papà Santoro si recò a Chicago dove entrò in contatto con pericolosi ambienti vicini al gangster italo-americano Al Capone. Poi, per fortuna, Pasquale decise di tornare a Norwood dove, grazie all’aiuto dei figli maggiori, riuscì a migliorare le condizioni economiche della famiglia.
Il giovane Peter sin da ragazzo fu chiamato a dare il proprio contributo. Assieme al lavoro Peter coltivava una passione: la boxe. Durante il giorno lavorava e la sera si allenava. A soli 21 anni vinse i “Golden Gloves” dilettanti nella categoria dei massimi. Il suo limite era l’altezza, ma sopperiva con doti di grande incassatore e con un pugno che venne definito “un calcio di un mulo”. Insomma, sembrava destinato ad una buona carriera pugilistica. Nel 1938 conobbe una bellissima ragazza, Maria Lidia Lescault. E, per entrambi, fu amore a prima vista. La ragazza però gli chiese di smetterla con la boxe e Peter l’assecondò. Trovò, grazie ad uno zio della ragazza, un buon lavoro ed iniziò a pensare al matrimonio.
La guerra, però, era alle porte e lui non sa ancora che gli sconvolgerà la vita. Peter Santoro si arruola nella Marina Militare e come “Marine” combatterà nel Pacifico. Sarà impegnato nelle epiche battaglie di Roi-Namur (atollo Isole Marshall), di Saipan e di Tinian. Si mostrò coraggioso ed audace e il suo Capitano McCarthy lo volle sempre al suo fianco. Sarà però la storica battaglia IWO JIMA a farne un eroe. In una prima azione riuscì, da solo, a sorprendere alle spalle sette soldati giapponesi liberando i prigionieri americani. In un’altra, dopo un’incursione, si accorse, durante il ripiegamento, che un suo amico non era nel gruppo. Allora tornò indietro, aprì fuoco sui giapponesi e portò in salvo, attraversando un cunicolo, il soldato ferito. Ma proprio quando stava per rientrare al campo una raffica nemica lo raggiunse alla schiena. Sembrò non dovercela farcela. Ma la tempra del ragazzo abruzzese era di quelle forti.
Portato sulla Nave Ospedale “Solace” recuperò in fretta le forze e subito dopo, pur non in condizioni di combattere, chiese ed ottenne di poter tornare al campo con i suoi commilitoni. Gesto di coraggio, dedizione ed altruismo. Venne messo a capo del deposito di munizioni. Qualche giorno dopo un missile giapponese raggiunse il campo facendo numerose vittime e feriti e tra quest’ultimi, gravissimo, Peter. Riportato sulla Nave Ospedale venne salvato e questa volta per lui la guerra era finita. Solo qualche giorno dopo la “Battaglia di Iwo Jima”, quella a cui lui ha dato un eroico contributo, era vinta.
A Peter “Pete” Santoro il Presidente degli Stati Uniti assegnerà la gloriosa medaglia “Purple Heart” e alti attestati e riconoscimenti arriveranno dalla Marina Americana. Nei numerosi libri, servizi e ricerche su “Iwo Jima” c’è sempre lui, Peter “Pete” Santoro. Tornato alla vita civile Peter sposò nel 1948 la sua Maria Lidia – per lui sarà per sempre “Bunny” – dalla quale avrà cinque figli. Tornò al suo lavoro e ritrovò anche la boxe, sua antica passione. Con il consenso della moglie, si dedicò ad insegnare pugilato ai più giovani. Lo farà fino alla fine dei suoi giorni. Peter fu sempre chiamato a partecipare a manifestazioni, cortei e sfilate commemorative militari dove venivano, immancabilmente, ricordate le sue eroiche gesta. Questo coraggioso figlio della terra d’Abruzzo morì il 9 luglio del 2009 a Bristol County, nel Massachusetts.
Geremia Mancini – Presidente onorario “Ambasciatori della fame”