LA VERSIONE DI OSCAR
Il suo movimento è stato defi nito “partito di Confindustria” e “iperliberismo” il suo pensiero. Oscar Giannino, fondatore insieme ad altri illustri economisti, di “Fermare il Declino”, dice di essere stato “un keynesiano in gioventù, convinto della superiorità del diritto pubblico su quello privato, penale sul civile. Con gli studi e lavorando, ho cambiato idea. Ora sono fra i fondatori di Fermare il Declino perché sono convinto che fermare il declino di questo paese a questo punto sia un dovere”. Ma in quale altro modo si può guarire questa economia malata, che neanche la cura Monti sembra essere riuscita a debellare? Ogni mattina dai microfoni di Radio24, nel suo programma “9 in punto” raccoglie il grido di dolore di imprenditori sull’orlo del fallimento, di operai ed impiegati che, testimoniano le loro difficoltà dopo aver perso il posto di lavoro. Così con il personalissimo ed eccentrico stile fornisce la “versione di Oscar” sulla situazione politica ed economica italiana e annuncia la corsa solitaria del suo movimento alle elezioni. Sulla candidatura di Monti non usa mezzi termini: “Non ho opinioni: credo che questa questione sia l’ennesimo segno dell’ incapacità dell’Italia di sottrarsi alle sue anomalie”. Nei suoi numerosi interventi Giannino sostiene, da sempre, che “le politiche attuate da Mario Monti non sono assolutamente l’unica scelta possibile, in compenso, però, sono senz’altro la peggiore. Le tasse altissime unite ad investimenti inesistenti e all’incapacità di liberalizzare veramente, valorizzando il merito, non hanno fatto altro che consegnarci in mano alla recessione. L’impoverimento legato all’ incapacità di produrre – che è solo il sintomo di un più grande impoverimento del Paese e della sua classe dirigente – non è ancora stato veramente combattuto dal governo che, al contrario, sostiene la necessità di seguire un’unica strada possibile”. Quali sono allora le strade alternative? Cosa serve per fermare il declino? Innanzitutto via gli sprechi. Giannino non ha mai approvato il fatto che per ridurre gli sprechi generati da una classe politica inetta e collusa con le lobby si sia ricorso ai soldi dei privati: “Uno sforzo continuo richiesto ai cittadini che non ha nessuna contropartita né in termini di servizi offerti né è utile a frenare il precipizio in cui l’Italia sempre più sembra avventurarsi tra crisi, malapolitica e corruzione”. Secondo l’economista era necessario, se non indispensabile, ricorrere alla vendita di alcune ricchezze pubbliche liberando “energie vitali imbrigliate dalla mancanza di concorrenza e dal conflitto d’interesse, dalla corruzione e dall’opprimente mano dello Stato”. Per Giannino e gli economisti che con lui condividono il manifesto del movimento è assolutamente da scongiurare la possibilità che a pagare la patrimoniale siano i cittadini, piuttosto che lo Stato. “La forma istituzionale che abbiamo creato – sostiene il giornalista – difende e fa proliferare al suo interno le storture di un’economia in cui a decidere non sono le leggi di mercato, la libera concorrenza, ma il placet dei sindacati e dei padroni di un capitalismo di sistema retto sulle relazioni interpersonali, la vera élite che decide e ordina tutto per tutti. Di fatto, bypassando le regole e costringendo i diversi attori ad adeguarsi o a togliere il disturbo, ma sempre e comunque sulla falsariga di un copione già scritto che è vietato stravolgere”. La conclusione, secondo Oscar Giannino, è che abbiamo di fronte “uno Stato ladro capace solo di mettere le mani in tasca a chi lavora e produce, per alimentare solo se stesso”. In Abruzzo il suo movimento fa riferimento a Marco Giovanni Ceraso, aquilano, laureato in Matematica, bancario dal 1979, attualmente direttore operativo della Cassa di Risparmio della Provincia dell’Aquila.