MACERIE CON NOME E COGNOME

terremotoVenite a vivere a ‘Aquila e noterete che non ci sono solo persone attaccate alla poltrona, non ci sono solo persone che gestiscono mazzette per i loro interessi, non ci sono solo persone che giocano con le dimissioni di una carica politica. A L’Aquila c’è il dolore di un peso incolmabile che è diventato parte di te e inevitabilmente morirà con te. A L’Aquila c’è gente che si sveglia la mattina e guardando fuori dalla finestra osserva macerie a cui darà sempre un nome e cognome. A L’Aquila alle 3e32 non tutti ridevano. A L’Aquila ci sono ragazzi che con difficoltà cercano di trovare il brio dell’adolescenza. A L’Aquila c’è anche gente onesta, umiliata purtroppo da persone che hanno dimenticato il significato della stessa da ormai troppo tempo.” Elaborai questo pensiero qualche giorno fa sulla mia pagina Facebook ed oggi sono qui a scrivere di una condizione che spero e sogno, cambi il prima possibile. Per quanto la sensazione funerea possa annusarsi nell’aria, nei vicoli bui, negli occhi di una madre che stringe un peluche, nelle case dove hai le chiavi e non la porta e nelle mani di un padre che accarezza una bambola, non considero L’Aquila una città morta. Sento nella mia città una grande forza, una tale forza che con gli anni ha permesso ai cittadini di fantasticare di creare, scrivere, inventare nuove regole per continuare a vivere. Dal 6aprile 2009, alle ore 3e32, chi più chi meno, siamo morti un po’ tutti, insieme a un città che piange ancora oggi ma che ci da’ indirettamente la  possibilità di guardare al futuro con occhi diversi. C’è una cosa che vorrei, cioè che tutti i 70 mila abitanti non dimentichino che, quella notte, nessuno ha dato peso al colore di un partito politico. Vorrei non dimentichino che eravamo tutti abbracciati e l’unico colore che ci univa era quello della speranza e dell’amore per la nostra città. Oggi invece, vedo altri colori, colori politici che generano macerie che non fanno altro che accumularsi a quelle che ancora oggi sporcano la nostra città. 

(PrimaPagina ed.ne Febbraio 2014) di Giada Panetti