E’ capace di scatenare grandi passioni il sindaco dell’Aquila. Lo si ama o lo si odia senza mezze misure. I suoi avversari lo hanno definito “dimissionario seriale” per le sue clamorose decisioni puntualmente ritirate “perché i miei compagni di partito lo hanno fortemente voluto” ha dichiarato nella conferenza stampa in cui annunciava appunto di essere tornato a indossare la fascia tricolore. “Ho avuto il sostegno unanime della mia squadra e questo mi basta”. Ma cosa dice dei dimostranti che nello stesso tempo in piazza contestavano il suo rientro in municipio? “Erano davvero poche le voci di dissenso, paragonate ai consensi che mi sono stati dimostrati”. La notizia dell’avviso di garanzia al suo vice Riga, aveva scatenato “un’ira di Dio, contro di me e perfino la mia famiglia – spiega Cialente – pensavo che le mie dimissioni avrebbero concentrato gli attacchi solo su di me e non sulla città e i cittadini aquilani. Ma non è stato così. Gli articoli sul Sole24ore hanno scatenato l’inferno, dando l’immagine di una città di ladri in cui la ricostruzione è frutto di furti. Cosa e come fare per difendere l’immagine dell’Aquila e riconquistare la fiducia degli italiani? Quando la mia maggioranza si è ricompattata ho nominato un magistrato, Trifuoggi, una persona che ha lavorato qui per 45 anni e che conosce bene il territorio, proprio come garante della migliore espressione dell’aquilanità”. Ma i suoi rapporti con la politica regionale e nazionale non sono mai stati tranquilli. Prima con Chiodi, poi con Trigilia, Cialente ha sempre avuto un dialogo acceso: “gli scontri nascono dalla mia visione della gestione post terremoto. Io sono convinto che siano necessarie delle regole certe, chiare. Ma fare le regole è complicato. Trigilia voleva quasi licenziarmi e Chiodi voleva affiancarmi un vice commissario. Alla fine invece il governo Berlusconi, tramite Gianni Letta mi fece le sue scuse” E quali sono queste regole così strenuamente richieste? “per esempio, fissare un tetto agli incarichi dei progettisti e alle imprese in base ai loro fatturati. Finora siamo andati avanti con i tempi che ci venivano dettati da loro. Quanti incarichi può avereun progettista? 20, 30? Se un’impresa ha un fatturato storico di 10 milioni di euro, può prendere commesse per 200 milioni? Può voler dire che ha scommesso su una ricostruzione piuttosto lunga. In tre anni può portare avanti due, tre cantieri. Quando a scegliere è un privato ma i soldi sono pubblici, quali sono le garanzie? Come dice Barca apriamo le 5 buste, ma un minimo di verbale va fatto o no? Lo dice il Consiglio di stato. Ecco io credo che al centro degli attacchi ci sia proprio questa richiesta di regole” . E per dar forza a queste domande il sindaco non esita a minacciare dimissioni, a restituire la fascia e le bandiere, mentre dall’altra parte il ministro Trigilia si lascia andare ad altrettanto teatrali invettive dichiarando che il “ministero non è un bancomat” salvo poi confermare nella sua relazione al parlamento, una necessità di spesa per la ricostruzione che rispecchia in linea di massima quanto stimato dall’amministrazione Cialente e il sindaco non può che esserne compiaciuto. Un modo di fare politica “sui generis”, ma è davvero efficace? “Il sono un Forrest Gump della politica – conclude Cialente – perché ne ho un’idea diversa. Per me che mi definisco un catto-comunista, è un servizio. Anzi Paolo VI la definiva il più grande atto di carità. Un volontariato che esclude i vantaggi personali. D’altra parte il Sole24ore mi ha defi nito anche “il sindaco squattrinato” , ed è vero. Io sono un uomo libero e dico quello che penso. Esco fuori dal coro e rischio spesso di finire in una rissa, ma questo non è un paese per gente tranquilla. Forse ho fatto degli errori politici, forse potevo fare di più. Sicuramente ho rotto, ma non riesco proprio a scendere a compromessi”.
(PrimaPagina ed.ne Febbraio 2014)