Mi è capitato ultimamente di leggere i libri del teramano Sergio Scacchia, “Abruzzo nel cuore” e “Il mio Ararat” corredati da splendide foto, e di riflettere molto sulla passione dell’autore per la propria terra. L’amore per la natura, per l’arte, per il paesaggio prorompono da quelle pagine e proiettano il lettore
in una sublime atmosfera incantevole di eloquenti silenzi e di armonia totale. Quanto sono diversi questi ambienti, visitati e descritti da Scacchia, da quelli antropizzati delle campagne e dei centri cittadini e urbani. Il dissesto idro-geologico operato dall’uomo lo si paga subito con l’arrivo delle prime piogge. È bastato qualche temporale di mezza stagione per riportarci ai soliti problemi: strade impraticabili; smottamenti; frane; sottopassi, cantine e negozi allagati; ma è andata bene così, anche se ci sono ancora i danni dell’alluvione precedente. Il ponte di Campodino, che collega i comuni di Nereto e di Torano Nuovo, dopo un anno e mezzo dall’alluvione, è ancora da ricostruire. I danni causati alle numerose famiglie, alcune delle quali sono state costrette a cessare la propria attività, sono veramente ingenti e, a dir poco, disumani. Sarebbe facile elencare i danni e accusare qualcuno, ma non è questo l’intento che ci si ripropone con questo intervento. Si vuole, invece, andare a monte (in senso anche letterale) e cercare di indicare alcune soluzioni. La natura non può essere offesa, poiché, prima o poi, si riapproprierà sempre di ciò che è suo. Questa premessa è necessaria per determinare una eco-etica, ossia comportamenti corretti nell’utilizzo e nello sfruttamento del territorio. Occorre, cioè, prevenire eventuali danni causati dalle piogge, vietando di ostruire canali, torrenti, fossi e vie di scorrimento naturale delle acque. L’intero bacino fluviale va tenuto sgombro da tutto ciò che possa impedire il libero e spontaneo deflusso delle acque. Un’accorta politica di pianificazione del territorio non può permettere la costruzione di edifici, strade e ponti in disaccordo con le esigenze di “sor’acqua” la quale, in caso contrario, pur restando “pretiosa” (nel senso che ci presenta sempre il conto), diventa superba e rovinosa. Finalmente alcuni amministratori si sono resi conto della necessità di irrinunciabili interventi, per salvaguardare le infrastrutture esistenti e allontanare possibili disastri ambientali, per cui hanno concordato un “contratto di fiume”. In parecchie zone, scendendo dalle colline teramane verso il mare, s’incontrano edifici e ponti che mettono i brividi solo a guardarli: non è difficile pensare che basta un semplice temporale per creare seri problemi. Prima di poggiare il pilone di una sopraelevata sull’alveo di un fi ume, occorre tener presente che “panta rei”, compreso il pilone, se costruito come se posato sulla roccia. Alcuni anni fa il Tordino ha rovinato subito la superstrada, appena aperta, Teramo-Giulianova. L’abbattimento di piante e della vegetazione in genere non può avvenire in nome del dio speculazione, pena vero disastro ambientale. Occorre lavorare molto: informare e formare i cittadini; prima la prevenzione e poi la punizione dei trasgressori. La scuola può e deve fare di più sull’educazione ambientale, facendo leva sulla sensibilità molto accentuata degli alunni e sulle competenze di esperti che non devono essere solo predicatori di sciagure. Ognuno di noi, inoltre, ha il dovere di lasciare in eredità ai posteri uno spazio ecologicamente sostenibile. Machiavelli, anche se in altro contesto, suggeriva di costruire argini molto forti per incanalare le acque del fiume (fortuna) e non permettere di travolgere e spazzare via tutto, come improvviso e imprevedibile tsunami.