Quando si giunge nella splendida Silvi (altro esempio di come le colline italiane entrerebbero nel mare, perché sembrano protese verso l’acqua quasi a volersi fare abbracciare da tutto quell’azzurro) colpisce una scritta, sita proprio sotto il cartello stradale d’ingresso in paese: “Comune libero da OGM”. Come tutti sanno gli OGM sono gli
organismi geneticamente modificati. Il prof. Silvio Garattini, un luminare della scienza ha affermato a chiare lettere: “La contrapposizione tra prodotti biologici per definizione buoni- e prodotti chimici cattivi- non è basata su seri confronti ed evidenze scientifiche”. Prosegue il professore, commentando il caso del batterio killer che l’anno scorso uccise diverse persone in Germania e mezza Europa: “Forse non è una coincidenza che il prodotto fosse biologico. Senza voler condannare nessuno, questi prodotti che si giovano solo di sostanze naturali, spesso si arrogano meriti indebiti. Sono infatti i produttori coloro che garantiscono la purezza dei prodotti e quindi la salute; dobbiamo chiederci se l’infezione sarebbe avvenuta se, invece di usare il letame, si fossero utilizzati concimi chimici”. Il treno dell’innovazione attraversa le principali aree agricole mondiali tranne il vecchio continente. Lo sviluppo degli OGM è stato velocissimo, dai 2,6 milioni nel 1996 di ettari agli attuali 160 milioni. L’Europa, sempre più stanca e vecchia, si è ottusamente intestardita, picchettando i suoi campi e chiudendoli verso un mondo che non esiste più, ma deve importare comunque materia prima OGM per una tanto nota quanto cronica carenza di soia e mais destinati alla zootecnia. In Italia, manco a dirlo, siamo come al solito indietro rispetto al resto del mondo civile: la produzione di cereali e semi oleosi è insufficiente per soddisfare la domanda. Per coprire la richiesta di carne, uova e latte si allevano ogni anno 6000 milioni di avicoli, 6.5 milioni di bovini e quasi 10 milioni di suini. Ne servirebbero il doppio. Così il nostro tanto amato Paese deve importare quasi il 50% delle materie prime vegetali, di queste 10 milioni di tonnellate sono cereali e 3.5 milioni di tonnellate sono di farina di soia, di cui oltre il 90% e di natura GM. Così, un po’ come per altre cose vitatissime, ma di largo consumo, anche da noi gli OGM sono una realtà, e anche se non possono essere coltivati, sono da tempo largamente utilizzati in sicurezza. Le posizioni di OGM free come l’Italia sembrano destinate a scomparire per forza di cose. Dietro questa nuova popolarità non c’è solo la pressione dei mercati, ma anche piante di “terza generazione”, molto più sofisticate di quelle che 15 anni fa erano semplicemente sviluppate per resistere agli erbicidi, e vennero immediatamente bollate come “cibo Frankenstein” dall’Europa. Gli alimenti così modificati potrebbero essere da un lato meno inclini all’appassimento, da un altro renderebbero possibile sfamare anche chi è intollerante verso quegli stessi cibi. Ancora una volta il pregiudizio spinge l’Italia sempre più giù nel piano inclinato in cui stiamo vivendo.