Giovanni Allevi, il pianista riccioluto, torna a rinfocolare la sua eterna lotta contro il mondo accademico e la musica classica. Dopo gli alterchi mediatici di qualche anno fa con Uto Ughi, il quale anni fa lo definì “musicista modestissimo”, Allevi ha perseverato tornando a tirare le orecchie ai suoi avversari: «Il vero senso alle opere d’arte lo dà lo spettatore», ha detto in un recente intervista. «Non mi interessano molto i giudizi severi che arrivano da parte del mondo accademico. Credo sia invece importante dare spazio e fiducia ai giovani, che magari hanno una grande sensibilità e spesso non vengono capiti. Alle critiche rispondo
con una ribellione pacifica e gioiosa». Ma questa volta l’attacco è decisamente frontale e prende di mira nientemeno che Paganini, il più grande violinista di tutti i tempi (o come dice lo stesso Allevi: “La prima rockstar della storia”). Sì, perché al prestigioso Premio Paganini, tra le composizioni obbligatorie, comparirà un concerto per violino scritto dal pianista ascolano che sostituirà proprio quello del grande Niccolò. Dichiara Allevi: «L’ho scritto per liberarmi di Uto Ughi, il mio incubo notturno, e dalla casta della musica classica». Immediato il risentimento di tutta la comunità artistica capeggiata dal Conservatorio di Mantova che sta alzando la voce per bloccare a tutti i costi questo “fenomeno”. Insomma: è guerra aperta. Occorre, prima di schierarsi, fermarsi per capire. È evidente che il pianista marchigiano, con sapienza, si è collocato nella zona grigia della musica classica, un genere quasi postumo per definizione. Sfruttando il gap tra passato e presente, fiducioso del miglior ufficio stampa possibile, ha cominciato questa rissa mediatica contro un mondo, quello accademico, che si è scoperto impreparato. Nessun musicologo ha studiato ancora la musica di Allevi, e quindi nessuno ha ancora preso sul serio le sue intenzioni ed è ora che lo faccia, perché lui sta proseguendo quasi indisturbato in un equivoco perfettamente calcolato. Tuttavia, Allevi ha dalla parte sua l’unica cosa che la musica classica vorrebbe avere e non ha: il pubblico, e in particolare il pubblico dei giovani. C’è, inoltre, ancora un problema su cui occorre tornare: il pubblico di oggi, in Italia specialmente, non è dotato di grande senso critico a causa dei difetti dell’istruzione musicale; non è quindi in grado di capire fino in fondo questo sottile gioco di specchi che si sta creando. Il pubblico è e sarà sempre libero di ascoltare ciò che più gli piace e la musica di Allevi, nella sua semplicità, propone all’ascoltatore elementi facilmente riconoscibili e quotidiani, come – per intenderci– i temi delle pubblicità. Questa musica è familiare e quindi è gradevole, anche perché antitetica ad altri generi non-classici. Però, va chiarito, Allevi non fa musica classica. Questa definizione potrà nascere nel tempo, in base al valore e allo spessore di ciò che avrà prodotto. In fondo è sempre il tempo il miglior giudice delle opere; non il pubblico del presente, ma quello del futuro. Nel frattempo, quindi, è meglio lasciare Paganini al Paganini, e che Allevi non se l’abbia troppo a male. Piuttosto, si impegni a comporre partiture sostanziose e ambiziose che richiamino davvero il pubblico a un rinnovato ascolto della musica. A quanto dice di se stesso, non difetta di talento. Bene, adesso sono in molti ad aspettarsi qualcosa da lui.