L’art. 147 cc indica l’elenco dei doveri dei genitori nei confronti dei figli, che prevede il mantenimento, l’istruzione e l’educazione. Si tratta di concetti abbastanza noti e conosciuti, e la giurisprudenza ha contributo non tanto a specificarne il contenuto (di per sé abbastanza semplice ed intuibile) ma ad indicarne i limiti che il codice civile non prevedeva. Pensiamo ad esempio, al dovere di mantenimento, che implica la necessità, per i genitori, di sostenere economicamente i figli in relazionealle loro necessità per una adeguata crescita; nel codice non vi è una indicazione della scadenza, del termine massimo di tale obbligazione, e la giurisprudenza ha chiarito che esso non cessa con il raggiungimento della maggiore età del figlio, ma solo con il raggiungimento della indipendenza economicada parte del figlio, a meno la mancanza di autosufficienza derivi da un atteggiamento colpevole del figlio (che non si impegna a trovare un’occupazione, oppure rifiuta offerte di lavoro). Il dovere di istruzione è connesso alla frequentazione della scuola da parte dei figli; i genitori devono garantire ai figli la possibilità di frequentare anche la scuola secondaria e l’università, se sussistono le condizioni economiche e se il figlio ha capacità ed interesse per gli studi. Il dovere di educare, a differenza di quello di mantenere, si esaurisce con la maggiore età del figlio, e consiste nella trasmissione di quei valori etici e morali che permetteranno al figlio, una volta raggiunta la maggiore età, un corretto inserimento nella società civile. Accanto ai tre doveri sopra evidenziati, la giurisprudenza, ha elaborato un vero e proprio dovere di “cura e affetto” nei confrontidei figli che, evidentemente, va ben oltre il mantenimento, l’istruzione e l’educazione degli stessi; questo dovere è stato elaborato evidenziando delle “patologie” del rapporto tra genitori e figli, vale a dire delle situazioni particolari che producevano un danno ai figli. Una tra le prime sentenze in tal senso ha evidenziato la figura della “privazione della figura genitoriale”, individuata nella ipotesi in cui il genitore si disinteressa del figlio sin dalla sua nascita, proseguendo nel suo disinteresse anche quando il figlio, ormai maggiorenne, ha rintracciato il genitore. La sentenza partendo dal presupposto (forse banale ma molto significativo) che la procreazione non è un mero fatto materiale come accade in buona parte del regno animale, e che i genitori, per il sol fatto della procreazione, sono tenuti ad adempieread una serie di obblighi, ha specificato che il disinteresse di un genitore nei confrontidi un figlio sin dalla nascita produce nel figlio un danno esistenziale (valutato in via equitativa) costituito dalla mancanza di uno sviluppo sereno ed equilibrato (ved.Tribunale Venezia, 30.6.2004). Altre sentenze di merito hanno condannato il genitore non solo al mantenimento dei figli non autosufficienti economicamente (e fin qui la sentenza non ha valore di novità in quanto il mantenimento è obbligo ex lege) ma anche e soprattutto riconoscendo un risarcimento del danno da deprivazione genitoriale, in quanto il Giudice ha stabilito che il mancato adempimento all’obbligo di sostenere economicamente il figlio implica anche la mancanza di affetto e cura, che produce un danno nella crescita equilibrata dei figli (ved. Tribunale Messina, 31.8.2009). In conclusione il dovere di “affetto e cura” dei genitori verso i figli, evidenziato dalla giurisprudenza nelle sentenze citate, altro non è che il riconoscimento del diritto del minore ad una crescita sana ed equilibrata, così come già attestato da numerose convenzioni internazionali in tema di diritti dei fanciulli.