Siamo continuamente espostia vari tipi di radiazioni: dalle radiazioni UV alla luce visibile, dal cosiddetto “elettrosmog” alle radiazioni ionizzanti. Di queste ultime si è parlato molto in occasione dell’incidente di Fukushima, poco invece in riferimento al radon, un nemico invisibile sempre presente nelle nostre case. Il radon è un gas radioattivo naturale,
prodotto nell’ambito del decadimento dell’uranio. Si tratta di un gas nobile, inerte, inodore, insapore, incolore, di cui non avvertiamo la presenza con i nostri sensi. La concentrazione di radon viene espressa in Becquerel su metro cubo (Bq/m3) – che indica quanti atomi di radon decadono per secondo in un metro cubo d’aria. Poiché tutti i suoli contengono più o meno uranio, il radon è sempre presente nell’aria esterna (normalmente a livelli bassi). Dal terreno il radon può penetrare negli edifici, raggiungendo anche alte concentrazioni. L’inalazione di gas radon o dei suoi prodotti di decadimento porta all’emissione di particelle alfa dentro i nostri polmoni: esse possono interagire con le cellule provocando un danno al DNA. Il radon rappresenta la seconda causa di tumore polmonare, dietro al fumo di tabacco. I fumatori sono particolarmente penalizzati a causa dell’effetto sinergico fra radon e fumo. L’Organizzazione Mondiale per la Sanità (OMS) stima che fra il 3% eil 14% tutti i tumori ai polmoni sono legati al radon. La normativa tiene conto del radon indoor, distinguendo fra gli ambienti di lavoro e le abitazioni. Per gli ambienti di lavoro e per le scuole si applica il Decreto Legislativo 26/5/2000, n. 241 che fissa un livello di azione di 500 Bq/m3. In caso di superamento il datore di lavoro deve intervenire. Per gli ambienti residenziali la Commissione Europea raccomanda 400Bq/m³ per gli edifici esistenti e 200 Bq/m3 per i progetti di nuove case. Sulla base di aggiornate valutazioni l’OMS raccomanda di introdurre un livello di riferimento nazionale di 100 Bq/m³ per limitare il rischio agli individui. Al momento non esiste alcun obbligo riferito alle abitazioni. In Italia la concentrazione media di radon è circa 70 Bq/m3, tuttavia vi sono diverse zone in cui sono frequenti valori anche superiori a 500 Bq/m3, con delle punte anche di migliaia di Bq/m3. All’interno degli edifici la temperatura è più alta che nel suolo, e questo genera un “effetto camino”, che tende a risucchiare l’aria fredda e ricca di radon che si trova nel terreno. Quindi sono più a rischio i locali al piano terra o quelli interrati, a maggior ragione se vi sono crepe e fessure nell’isolamento verso il terreno. Il problema radon si pone sia nella progettazione di nuovi edifici e che per gli edifici esistenti. In entrambi i casi esistono soluzioni tecniche. La prevenzione è semplice ed efficace: essa si basa sul concetto di buon isolamento dell’edificio verso il terreno, eventualmente prevedendo un sistema di drenaggio del radon. La bonifica degli edifici può essere realizzata p. es. sigillando crepe e fessure, tramite un sistema di ventilazione meccanica, oppure tramite un pozzetto radon. Gli interventi di risanamento energetico che incidono anche sul ricambio d’aria nei locali possono provocare un aumento del radon. Per conoscere la concentrazione di radon nella propria abitazione bisogna effettuare una misura: a tal fine vengono utilizzati dosimetri passivi, delle dimensioni di una scatola di fiammiferi che non necessitano di energia elettrica. Se la concentrazione supera i valori di riferimento consigliamo un intervento di bonifica. Più in generale,una delle strategie con migliore rapporto costi/benefici consiste nell’introdurre intutti i nuovi edifici semplici accorgimenti preventivi contro il radon.