LA VITA NELLA SALA SCOMMESSE

sala giorchiIl giocatore dipendente è come un agente segreto che agisce in incognito… si aggira quatto quatto, con aria di diffidenza per paura di essere riconosciuto e con l’unica fissazione di portare a termine la missione: giocare, giocare e ancora giocare; trascorrere giornate intere a sfidare la dea bendata, la sua più accesarivale; vincere anche irrilevanti somme adiscapito di quelle di gran lunga superioriinvestite in tutto il pomeriggio, masoddisfatti per avercela fatta. La smania di “grattare”, di “dare numeri”o di perdersi davanti al monitor di unvideopoker è talmente forte che ci sidimentica di tutto: delle finestre aperte, della famiglia che reclama il pranzo o la cena, della macchina parcheggiata in doppia fila con gli automobilisti che suonano il clacson all’impazzata, del ritardo che si sta facendo al lavoro. Si arriva persino, una volta terminatii soldi, a chiedere disperatamente credito, a umiliarsi purché soddisfare il demone dentro che scalpita come un cavallo inferocito, affamato, insaziabile, beffardo e tremendamente subdolo. Una vincita, anche piccola, dà un senso di appagamento, ma solo momentaneo. “Giocatori della porta accanto” si potrebbero definire: casalinghe, pensionati, disoccupati, studenti, badanti, impiegati. Persone che conducono una normalissima vita, ma che non attendono altro durante la giornata se non di potersi recare nella più vicina tabaccheria, sala scommesse o semplicemente in un bar. Il “giocatore della porta accanto” teme di essere scoperto; il suo timore più grande è quello di essere additato come sciupa patrimonio o ancor di più perdente e sfortunato. Rimugina su come eludere gli occhi attenti degli altri in una città di provincia dove tutti si conoscono e tutto si sa di tutti. Il suo sguardo è perso tra i soldi da poter vincere che gli passano davanti, la sua ossessione, e inconfondibili sono le sue movenze. Dall’entrata in un luogo di gioco inizia il rito imperituro della corsa al tempo. Ogni munito perso potrebbe rappresentare un’estrazione fortunata sfuggita, un biglietto “buono” “grattato” da chi lo ha preceduto, un videopoker che da troppo tempo non paga e che aspetta il “fortunato” che riscuote il tutto. Sempre in guardia, adotta un atteggiamento omertoso, sguardo fintamente distratto e silenzio assoluto sui numeri giocati, sui sogni fatti, guai a farsi copiare una schedina compilata. Una volta giocata è meglio distruggerla, disintegrarla, ridurla in mille pezzi. Non mancano i riti scaramantici: chi recita preghiere e versi mentre la giocata è in atto, chi ripete gesti propiziatori, e chi inizia a mettere in atto tattiche e strategie degne del miglior allenatore: schemi e moduli sui numeri in ritardo, studio della collocazione dei gratta e vinci all’interno del negozio e così via. Cosa resta a fine serata? Non delusione e amarezza, non c’è tempo per poter realizzare la perdita di tempo, soldi e salute, ma solo l’attesa trepidante che arrivi domani, per iniziare di nuovo a giocare, magari sarà la volta buona.