LE RISPOSTE STRATEGICHE ALLA CRISI

I risultati di un’indagine su un campione rappresentativo di imprese manifatturiere evidenziano elementi di resilienza agli effetti della crisi del biennio 2011-2013. Nel complesso le imprese dichiarano i avere mantenuto sostanzialmente invariati i livelli occupazionali,

i prezzi di vendita e lo stock di capitale fisico e umano.

• Tra le imprese sopravvissute alla fase recessiva, la  difesa del potenziale produttivo non si è limitata alle sole risorse fisiche ma ha interessato anche il capitale umano, definito come dotazione di risorse umane qualifi cate. La riduzione di occupazione dovrebbe aver riguardato soprattutto la forza lavoro meno qualifi cata.
• Per contrastare la recessione, le aziende manifatturiere hanno fatto ricorso soprattutto a strategie “interne”, legate all’aumento di qualità e gamma dei prodotti e al contenimento dei costi.                                                                       • Tra le strategie “esterne”, meno utilizzate  delle “interne”, prevale il rafforzamento delle politiche di commercializzazione (in Italia e all’estero). Assai meno frequenti sono il ricorso a strategie di insourcing , la partecipazione alle catene globali del valore e l’attivazione di nuove relazioni produttive con altre imprese.                                                                             • La ricerca di una produzione a costi più contenuti ha accomunato soprattutto le imprese dei settori autoveicoli, coke e raffinazione, e altri mezzi di trasporto; alla duplice strategia di differenziazione verticale e orizzontale dei prodotti hanno fatto ricorso in prevalenza le imprese dei comparti dell’elettronica.
• Il rafforzamento delle pratiche di commercializzazione in Italia e all’estero ha riguardato circa i due terzi delle imprese delle bevande e dell’elettronica-elettromedicale, le aziende della metallurgia e dei macchinari hanno rivolto questo tipo di strategia principalmente all’estero.
• All’attivazione di nuove relazioni produttive ( Joint ventures , consorzi, reti eccetera) hanno invece fatto ricorso in prevalenza imprese appartenenti a settori a elevata intensità di capitale o caratterizzati da gradi molto diversi di integrazione verticale.
• L’86,6% del campione, infine, ha dichiarato di poter far fronte rapidamente e in misura adeguata a un significativo  aumento di domanda nazionale attraverso l’utilizzo della capacità esistente, con valori settoriali che variano dal 71% del coke al 92,6% delle bevande.

 

PrimaPagina edizione Giugno 2014 

Fonte: Rapporto sulla competitività dei settori produttivi – Edizione 2014 – www.istat.it