Certo, si può parlare dicrisi della politica. Ma, come talora accade, l’Italia anticipa. Insomma il governo “tecnico”, messo in campo per una esplicita richiesta dell'”Europa”, cioè di un livello che forse per la prima volta si è materializzato in termini stringenti, in realtà è un segnale. Ci avverte di un cambiamento in atto che non è ancora possibile definire, sia perché i processi sono ancora in corso, sia perché si svolgono in un orizzonte nuovo. Nel passaggio della politica italiana tra Berlusconi e Monti c’è infatti qualcosa di antico, che rinvia all’esperienza della solidarietà nazionale, in corrispondenza della crisi della metà degli anni Settanta, o al governo Ciampi, in corrispondenza della crisi anche qui economico politica dei primi anni Novanta. Ma c’è soprattutto qualcosa di nuovo, cioè l’esplicita interazione con le istanze europee, che ci avverte di una novità fondamentale. Si pone infatti un problema trasversale di ristrutturazione: del sistema finanziario, di quello economico, e ovviamente di quello politico. Restiamo alla politica. In primo luogo è evidente che ormai ci troviamo in un sistema multi-livello: il livello nazionale non è più quello risolutivo ed ultimativo. E non è senza paradosso che questo avvenga proprio a conclusione delle celebrazioni del 150° dell’Unificazione. In questo senso la sfida è duplice: da un lato puo’ la classe politica italiana giocare un ruolo significativo al livello ormai cruciale, quello europeo? E, conseguentemente, ha una preparazione, tecnica e morale, adeguata per svolgere invece quel ruolo di buona amministrazione, entro parametri dati, che si richiede ai livelli statale, infrastatale e locale? La questione è strutturale e ovviamente la risposta non può che essere immediata. Infatti, prima di porre le questioni in prospettiva, occorre che la ristrutturazione in atto dispieghi i suoi effetti, cosa che non è per nulla scontata. Messi in sicurezza i conti torneranno i vecchi riflessi? Si riuscirà a realizzare qualcosa di strutturale, tenuto conto che i conti sono stati messi in sicurezza momentanea alzando le tasse a livelli ormai difficilmente sopportabili? Oltre alla questione strutturale sul riposizionamento della classe politica l’altra questione è sull’offerta politica, cioè i partiti. Qui la domanda è: ci sono le condizioni per andare ad un assetto di alternanza tra due formazioni (popolare e socialdemocratica) di riconoscimento europeo? Oggi il dibattito è se servirà Monti anche oltre al 2013 e conseguentemente ancora Napolitano con lui… Sta di fatto che il dibattito sulle riforme elettorali e costituzionali è ritornato al 1986, laddove si avviò e si impantanò, provocando quel maggioritario inutile che ci ha deliziato per quasi vent’anni. Con un paradosso, che questo maggioritario funziona a livello comunale, provinciale e regionale, solo perché è abbinato ad un sistema neo-presidenziale che non ci possiamo permettere a livello di governo centrale. Un bel puzzle, che provvisoriamente è congelato, ma prima o poi dovremo risolvere.