QUANDO:
• i dati anagrafici del proprietario del veicolo non corrispondono a quelli della contravvenzione;
• manca l’indicazione del luogo, giorno e ora della commessa violazione;
• manca l’indicazione dell’agente accertatore (anche solo attraverso il numero di matricola);
• manca l’indicazione della norma violata;
• notifica fuori termine, se la multa viene notificata trascorsi i 90 giorni dalla data dell’avvenuta infrazione.
Oltre a questi motivi “formali”, si possono naturalmente far valere anche motivi sostanziali:
• mancanza di un segnale;
• fatto svoltosi diversamente da quanto descritto;
• errore nella lettura della targa in quanto il veicolo in quel momento si trovava in tutt’altro luogo (eventualmente allegando dichiarazioni di testimoni o indicando altre prove).
È bene però sapere che la descrizione dei fatti risultante dal verbale è protetta dalla fiducia privilegiata che le norme stabiliscono a favore degli atti compilati da pubblici ufficiali, per cui se si vuole dimostrare una realtà diversa occorre presentare querela di falso, che dovrà essere molto ben documentata perché se non ritenuta veritiera si viene denunciati per calunnia. In generale, il ricorso al prefetto non è indicato quando invece la controversia verte sull’interpretazione di una norma: i prefetti sono tenuti a seguire le circolari interpretative ministeriali, le stesse in base alle quali hanno verosimilmente operato gli agenti. Il ricorso al Prefetto è sconsigliabile anche per infrazioni che comportano il ritiro della patente (o di un altro documento), perché la procedura non ne prevede la restituzione provvisoria in attesa della decisione finale. La decisione prefettizia può essere impugnata davanti al Giudice di pace (che in questo caso funge da organo di appello e non di primo grado come invece accade nel caso descritto nel capoverso successivo), entro 30 giorni dalla notifica dell’ordinanza-ingiunzione.