evita il buco della serratura. In primo grado il sig. Mario (nome di fantasia) viene riconosciuto colpevole e condannato per il delitto ex art. 615 bis cp, comma terzo (interferenze illecite nella vita privata) per essersi procurato, in qualità di esercente la professione di investigatore
privato e mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva e sonora, immagini e notizie sulla vita privata della sig.ra Carla (nome di fantasia) videoregistrando un rapporto sessuale tra la donna e l’amante, consumato all’interno dell’abitazione di quest’ultimo; il filmato “hard” era stato poi ceduto al marito della signora, dal quale era stato incaricato per cercare prove della infedeltà coniugale. La sentenza di condanna viene confermata in appello. L’investigatore ricorre alla Corte di Cassazione, che rigetta il ricorso, e conferma la sentenza di condanna dell’investigatore (in concorso con il marito), stabilendo che per privata dimora si intende il luogo ove l’interferenza è penalmente illecita, a nulla rilevando se la dimora è propria (della donna fedifraga) ovvero di altri soggetti (l’amante). Chi frequenta un luogo di privata dimora, anche se si tratta della dimora altrui, fa affidamento sulla “riservatezza” di tale luogo, nonché sulla certezza che la condotta tenuta in quel luogo verrà percepita solo dai soggetti legittimamente presenti in quel posto (Corte Cass. n. 9235/2012) La Corte, quindi, stabilisce il principio secondo cui il coniuge fedifrago non può ssere spiato nell’abitazione dell’amante, anche se questi autorizza l’investigatore privato ad entrare. Ma se, da un lato, lo “spiare la moglie che tradisce” è reato, da altro lato, in sede civile la prova così raggiunta può essere utilizzata? Nel processo civile potrebbe essere invocata la disciplina ex art. 2712 cc, relativa alle prove c.d. meccaniche, come la ripresa audiovisiva, che formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale vengono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime. E’ da immaginarsi che tali registrazioni saranno sempre contestate dalla parte avversaria nel giudizio civile e, in tal caso, tali prove potrebbero formare solo oggetto di libera valutazione del giudice ex art. 116 cpc, magari attraverso un confronto con altri elementi di prova. Un sostegno giuridico alla utilizzabilità in sede civile delle riprese audiovisive del rapporto sessuale (riprese, si ripete, illegittime secondo la legge penale, confermata dalla Corte di Cassazione) potrebbe essere l’art. 26 della c.d. Legge sulla privacy (d.lgs. 196/2003) che permetterebbe di utilizzare dette registrazioni, senza il consenso dell’interessato, solo al fine di far valere un diritto in giudizio; l’art.26, al comma 4, prevede la possibilità di trattare dati personali sensibili senza il consenso dell’interessato (nel caso di specie la moglie fedifraga) “quando il trattamento è necessario per far valere o difendere in sede giudiziaria un diritto, sempre che i dati siano stati trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento”. Nel processo civile, quindi, il Giudice dovrà valutare se e come utilizzare le prove acquisite (illegittimamente dal punto di vista penale) da un coniuge al fine di dimostrare l’infedeltà dell’altro coniuge.