“… è di salvare il tuo sogno” (Amedeo Modigliani)
Questa crisi infinita, che ci ha così profondamene segnato negli ultimi anni, ha distrutto molte cose: aziende, famiglie, vite. Macerie reali e metaforiche di un modello economico fallito che ha polverizzato, nel giro di pochi anni, enormi capitali, non solo finanziari, ma soprattutto umani. Siamo tutti più poveri, ma i giovani hanno perso qualcosa in più. Oltre alle opportunità di lavoro, di studio, di crescita, hanno perso la capacità di sognare. Soprattutto il futuro. Ma questa “perdita” non può tuttavia essere imputata tutta alla crisi. Figli di una generazione che “non ha mai dovuto chiedere”, probabilmente i giovani non sanno come si fa, a desiderare, a progettare, a realizzare. Oggi più che mai, invece ,avere un obiettivo, un progetto, un sogno, può essere la motivazione determinante per uscire proprio dalla crisi, dal pantano in cui ci siamo arenati. Rivedere i parametri, cambiare le regole, ma soprattutto la visione di prospettiva, è diventato un dovere.
Le insidie dell’immobilismo, del “gattopardismo” endemico della provincia italiana sono davvero tante. La classe dirigente politica resiste strenuamente all’incalzare dei mutamenti socio-politico-economici in atto intorno a noi. La voce della gente ormai è in grado di arrivare anche nei palazzi, ma chi li abita sembra continuare a portare gli occhiali scuri. A rimandare, a procrastinare ogni decisione che possa oggettivamente modificare gli assetti, dalla legge elettorale, alla fiscalità eccessiva, al sociale.
E mentre si fanno strada forme diverse di democrazia partecipata, il malcontento aumenta e l’Istat ne fotografa le ragioni, tra i giovani i e meno giovani, occupati e disoccupati, imprenditori e lavoratori. Con finale a sorpresa.
di Mira Carpineta