Ogni volta che il tempo “esagera” si intona il ritornello dei cambiamenti climatici, dimenticando che è ben difficile stabilire se una variazione climatica è in atto fino a quando non si riesce a guardarla a distanza di decenni. A volte però ci sono sintomi che devono insospettirci. Il caldo di questi giorni è uno di quei sintomi, anche se l’unico fatto anomalo è che esso si è presentato con
un anticipo di quasi due settimane rispetto al normale caldo di luglio. Se guardiamo gli ultimi tre anni, ad esempio, i giorni più caldi sono stati fra il 10 e il 24 luglio con temperature massime di circa 35-36 grandi, non diverse da quelle di questi giorni. Naturalmente qui ci riferiamo soprattutto all’Abruzzo. Sembrerebbe trattarsi di una normale estate mediterranea, e quello che viene chiamato anticiclone africano altro non è che l’alta pressione estiva che staziona sul Mediterraneo. Questa alta pressione è la manifestazione di una importante caratteristica della circolazione generale dell’atmosfera della Terra. L’aria che si scalda maggiormente all’equatore tende a sollevarsi e a ricadere in una regione compresa fra il 30-35 gradi di latitudine (i cosiddetti tropici). L’aria che ricade a queste latitudini tende a comprimersi generando una zona di alta pressione. In queste regioni difficilmente si hanno delle piogge, e quindi nella stessa fascia di latitudine troviamo la maggior parte dei deserti della terra. La circolazione costituita dall’aria che si solleva all’equatore e quella che ricade ai poli costituisce una specie di anello chiuso che viene detto cella di Hadley, dal nome del suo scopritore. La novità è che, da osservazioni fatte su parecchi anni, sembrerebbe che l’ampiezza di questa cella vada aumentando. Si stima che la sua larghezza negli ultimi trenta anni sia aumentata di circa 5 gradi, ovverossia di circa 500 km come se si fosse spostata dal Nord Africa alla Sicilia. L’espansione della cella di Hadley comporta una permanenza più stabile della zona di alta pressione africana sul Mediterraneo, e quindi estati sempre più calde e meno piovose. E’ questa una delle tante conseguenze del riscaldamento globale, il fenomeno secondo il quale la superficie della terra si va scaldando progressivamente a un ritmo di circa sette decimi di grado per secolo. Se questo fenomeno fosse confermato nei prossimi decenni il destino della regione del Mediterraneo sarebbe quello di trasformarsi in deserto. Invece sentiamo continuamente ripetere che la regione del Mediterraneo si va “tropicalizzando”: niente di più falso. Se così fosse avremmo estati calde, ma anche piovose, con umidità elevate. Non a caso le regioni tropicali tipiche comprendono la foresta amazzonica o le regioni del sudest asiatico. Purtroppo questa ignoranza la ritroviamo poi nel modo di affrontare i problemi. La nostra società non si rende conto che l’impreparazione a far fronte alle possibili conseguenze dei cambiamenti climatici comporta danni enormi. Assistiamo a tentativi quasi patetici di dare consigli agli anziani, e non ci rendiamo conto che la crisi climatica è una delle tante incombenze che potrebbero peggiorare in modo irreparabile la nostra situazione economica. Si pensi solo alle conseguenze che questi fenomeni estremi possono avere sull’agricoltura. In questa situazione si tratta soprattutto di garantire un’informazione corretta, che dia le giuste priorità ai fatti che accadono: il caldo come segnale di cambiamento climatico, e non il bosone di Higgs che aggiunge lustro solo a certe persone.