“I politici dovrebbero chiede scusa ad una generazione che non ha futuro” – tuona Marco Di Nicola, giovane e promettente amministratore comunale. Pierluigi aggiunge: “Non ho intenzione di fare il numero o, al massimo, essere il figlioccio del politichello di turno, in un Paese in cui la gioventù è considerata un handicap”. Tali considerazioni sono la migliore sintesi che emerge dalle dichiarazioni dei giovani teramani. Tra essi, persone impegnate in politica, studenti, lavoratori e disoccupati. Dalla codifica analitica dei singoli interventi, emerge quasi un decalogo sul da farsi: semplice, ma categorico, chiaro, molto di più di quanto la società gerontocratica riesca ad elaborare. 1) I giovani esigono un mea culpa e dieci passi indietro da parte di chi ha mandato il Paese in rovina, da parte di chi gli ha azzerato la prospettiva di un futuro accettabile, da parte di chi li costringe ad una nuova e diversa ondata di emigrazione; 2) I giovani vogliano rottamare, resettare, formattare il passato e il presente politico. Essi manifestano un’idiosincrasia verso una politica disonesta, inefficace, incompetente, individualista; 3) Gli intervistati invocano una società del merito, a parità di condizione di partenza, e la fine della società delle clientele, che spesso fa emergere i meno capaci, anche in posizioni di avanguardia; 4) Scuola, welfare, progettualità concreta sono le ricette dei giovani nostrani, per riscoprire il valore dello Stato e la cittadinanza; 5) Moralità, onestà, trasparenza, transitorietà degli incarichi politici. I giovani hanno una diffusa percezione circa l’imperante immoralità della politica, dei partiti, dei politici della prima e della seconda repubblica. Essi ritengono il sistema paese avariato nelle sue fondamenta e chiedono un immediato cambiamento di rotta. 6) Autorappresentazione. Gli intervistati, pur non attratti dall’attuale politico partitico, considerano l’autorappresentazione l’unica possibilità di accesso alla vita democratica. Un quadro preoccupante, dal quale emerge, con chiarezza, la delusione, il rancore, la diffidenza verso la politica attualmente rappresentata. Al limite del conflitto generazionale, che si aggiunge alla crescente frattura tra ceti economici e sociali, tra status, tra poteri. E se dai giovani partisse la nuova primavera?