Professore, banchiere, finanziere
e ora candidato premier. Definito in diversi articoli che lo riguardano, sul Corriere della Sera, “l’uomo nuovo del centrodestra”, l’avvocato Gianpiero Samorì è a capo di una holding, Modena Capitale, con interessi che vanno dalle assicurazioni all’editoria, passando per le banche, tra cui la nostra BancaTercas, di cui è uno dei soci con una partecipazione al 4%, e la Repubblica di San Marino per la quale ha ricoperto l’incarico diplomatico di ambasciatore in Francia. Di se stesso ha detto: “Sono nato e cresciuto povero. Ho avuto tanto dalla vita. Adesso ritengo sia giunto il momento di fare qualcosa per il mio Paese. Nell’area moderata, certo. Ma sono un moderato stanco, che sogna la rivoluzione”. Il nome del suo movimento, Moderati in rivoluzione è una sorta di paradosso. Intanto come spiega questo proliferare di “movimenti”, la parola “partito” spaventa, o non riscuote più fiducia? “È un momento di grande confusione, un momento di passaggio in cui è difficile cogliere il punto di caduta. Rispetto ai partiti tradizionali il livello di gradimento della gente è vicino allo zero e quindi fioriscono i movimenti, cioè i gruppi originati dalla società civile”. Come nasce la sua scelta di dedicarsi alla politica? “Da un’ assunzione di responsabilità dopo aver invano aspettato proposte alternative all’attuale politica e al governo tecnico a cui siamo giunti. Tutti chiedono cambiamenti radicali, ma al momento non sembra di scorgere alcuna originalità, da nessuno schieramento”. Il suo programma prevede: la leadership del Pdl, la candidatura a premier e di voler fare “l’opposto dell’agenda Monti”, cioè recuperare 250 miliardi di euro dalle riserve auree (e non dalla Banca d’Italia) e dalle fondazioni bancarie per abbattere il debito pubblico, patrimoniale per i molto ricchi, ma anche riduzione delle tasse. “L’agenda Monti è un equivoco giornalistico. Secondo la cosiddetta agenda Monti, occorrono interventi di grande rigore comportamentale e finanziario per portare il bilancio in pareggio, ma questo non è un programma, è una finalità che condivido anch’io. L’alternativa non è tra chi vuole il risanamento nel rigore e chi vuole continuare a scialacquare risorse pubbliche. Il punto è con quali strumenti e obiettivi si può procedere al risanamento. E su questo punto le mie idee e le mie ricette divergono completamente. La sua politica di risanamento incide sui ceti medio-bassi, famiglie, lavoratori e sulle imprese, con la leva fi scale. Ritengo che necessiti uno sforzo qualitativamente diverso che tenda a ripartire su più ceti sociali il carico del risanamento e individuare degli strumenti molto forti e straordinari. Le misure di Monti impediscono di fatto che lo sviluppo possa prendere corpo e senza lo sviluppo le misure fi scali portano in una spirale da cui è difficile uscire. Sono misure sostanzialmente recessive. La recessione fa diminuire il Pil e di conseguenza anche l’introito fi scale, che si traduce nella spirale ‘meno tasse, più tasse’. Da un punto di vista filosofico la differenza tra me e Monti sta in questi termini”. Lei è, tra l’altro, un assicuratore e un banchiere. Il crollo del mercato immobiliare e di conseguenza dei mutui non riguarda proprio le banche che hanno smesso di erogare? “La politica di Monti e delle banche centrali è tutta concentrate nel risanamento degli istituti fi nanziari a tutto detrimento delle famiglie. La BCE ha fornito fondi alle banche al tasso dell’1% , ma senza nessun vincolo di destinazione, che avrebbe invece dovuto esserci e nella misura del 50% almeno, a favore di famiglie e imprese. Le banche hanno preso queste liquidità e le hanno utilizzate reinvestendole in titoli di stato, che producono maggiori interessi , plusvalenze, e hanno chiuso l’erogazione del credito. Di conseguenza la situazione del mercato immobiliare e dei mutui ad esso collegati”. Anche le assicurazioni hanno preso l’abitudine di liquidare i sinistri con forti ritardi. È un altro segnale di crisi in un momento così difficile? “Il settore assicurativo è messo meglio di quello bancario anche se ci sono situazioni ‘a macchia di leopardo’. Mentre il sistema bancario, nel suo complesso, è abbastanza in affanno perché la qualità degli attivi é stata pesantemente intaccata, (le banche, in precedenza avevano fatto credito prevalentemente sui valori immobiliari che oggi sono ortemente compromessi e di difficile monetizzazione), nelle assicurazioni è più uno stato che riguarda le singole compagnie e la qualità dei loro investimenti. Come vede, in quanto socio della nostra Banca Tercas (con una partecipazione del 4% della sua holding Modena Capitale ndr) l’evolversi della crisi che attraversa il nostro maggiore istituto di credito? “I dati che ho a disposizione mi dicono che l’operatività ordinaria è molto sana e molto ben rispondente. Esistono posizioni critiche ed esposizioni di un numero ristretto di clienti che dovranno trovare soluzione con un aumento di capitale, ma il core business della banca è molto solido. Dal mio punto di vista sarebbe un peccato se questa realtà bancaria venisse meno, anche se io ne avrei un vantaggio economico. Se la banca fosse acquistata da un organismo più grande, potrei monetizzare la mia partecipazione, potrei capitalizzarla a dei valori più interessanti, ma sono un fautore delle banche locali, e per Teramo sarebbe un grosso problema se non riuscisse a ritrovare all’interno del territorio quelle risorse che le necessitano per riequilibrarsi patrimonialmente e proseguire. So che si parla di una cordata, ma è presto per correre alle conclusioni. Ho impressione che il commissario stia ultimando una ricognizione per capire il fabbisogno di cassa per aumenti di capitale, quindi nel vivo delle trattative si entrerà verso giugno 2013”. Lei è anche ambasciatore della Repubblica di San Marino in Francia. Come concilierebbe l’incarico con un mandato parlamentare? “Non sono conciliabili, è per questo che ho rinunciato a rappresentare la Repubblica del Titano. Non si possono ‘servire due padroni'”.