SONO MANCATE LE DECISIONI
Dallo stato di schoc del comandante Schettino alla fuga fai-da-te dei passeggeri spaventati.
Sono passati diversi giorni dal terribile incidente della nave Concordia a largo dell’isola del Giglio, ma quella notte da incubo è ancora ben presente nella mente di diversi superstiti. Marco Di Domenico,sua moglie Maria e i figli Camilla, Francesca e Michela, residenti a Sant’Onofrio, frazione di Campli, hanno vissuto quella terrificante esperienza che difficilmente dimenticheranno.
Era la vostra prima vacanza su una nave Costa Crociere? “Si, per me e la ma famiglia era la prima esperienza in mare – esordisce Marco- avevamo organizzato questa vacanza con la speranza di trascorrere una settimana in pieno relax, visitando posti stupendi. Siamo partiti da Savona con una nave molto confortevole, dotata di ogni comfort, il personale era molto gentile e disponibile, e le giornate splendide di sole allietavano maggiormente la nostra crociera. Tutto sembrava procedere bene senza problemi, tutto fino a quel terribile urto”. Si ricorda cosa stava facendo al momento dello schianto? “Io e i miei familiari eravamo al ristorante quando all’improvviso abbiamo sentito uno scossone, delle vibrazioni, qualcosa non andava. Mi ricordo che inizialmente sono cadute solamente delle bottiglie, ma da li a poco si è scatenato un vero e proprio inferno: piatti e oggetti che volavano, la gente che urlava, nessuno sapeva cosa stesse succedendo. Sono stati momenti drammatici, la nave virava verso destra, una grande paura alimentata maggiormente da un black-out di circa 3 minuti. I passeggeri presi dal panico cercavano invano un posto sicuro dove rifugiarsi, 3 di loro presi dalla disperazione si sono buttati dalla Concordia con la speranza di potersi salvare”. “Non mi rendevo conto della gravità della situazione, -racconta la figlia Camilla- vedevo delle luci ma non pensavo che fosse l’isola del Giglio, quei bagliori mi facevano pensare ad un’altra nave, ad una collisione con essa. Ero sotto shock, ho sentito bambini, donne e uomini piangere”. “Inizialmente -sottolinea Maria-, non ci siamo resi conto del testa coda della nave, i camerieri di sala cercavano di tranquillizzarci in ogni maniera ma io avevo una gran paura, in particolare per mia figlia più piccola che si è sentita male”. Cosa vi hanno comunicato subito dopo l’incidente?”Le comunicazioni erano tutte a nome del comandante- spiega Marco-, non si è sentito mai lui in prima persona. Dopo circa 20 minuti dall’impatto ci hanno avvertito che c’era un guasto al generatore elettrico della nave, di mantenere la calma perché era tutto sotto controllo. Subito dopo, in un’altra comunicazione, hanno fornito dei codici con numeri e lettere, probabilmente dei messaggi segreti per l’equipaggio. Infine mi ricordo i 7 squilli corti e 1 lungo che avvisavano l’evacuazione della nave. Si vociferava tra la gente- spiega Camilla-, che l’imbarcazione si stava arenando, ma pochi parlavano l’italiano quindi era difficile anche capirsi tra di noi. Tra l’equipaggio c’erano molti filippini che cercavano di tranquillizzarci ma ormai ognuno era in preda al panico, in balia del proprio destino”. Come vi siete salvati?”Dal ponte 3- ricorda Marco- dovevamo raggiungere il ponte 4 per arrivare alle 26 scialuppe di salvataggio, prima però bisognava tornare nella nostra cabina al nono piano per prendere i giubbotti di salvataggio e i salvagenti. Bisognava arrivarci attraverso le scale, ovviamente non si poteva usare l’ascensore; nel frattempo La Concordia ha cominciato a imbarcare acqua e a inclinarsi sul fianco destro a causa di una falla che si sarebbe aperta nella zona di poppa”. “Io non avrei mai avuto il coraggio di tornare nella cabina- racconta Maria- tanto che io e i miei figli siamo rimasti sul ponte con la speranza di rivedere Marco il prima possibile”. “Con i giubbotti di salvataggio-ricorda Di Domenico, il nostro obiettivo era quello di arrivare ad una scialuppa , ma da li a poco, purtroppo, si è verificato un altro spiacevole episodio; infatti le scialuppe erano bloccate. Si è cercato in ogni modo di adoperarle, con forza abbiamo utilizzato dei remi con la speranza di liberarli, abbiamo provato con così tanta forza che i remi si sono spezzati , si sentiva il rumore della scialuppa che rigava lo smalto della Concordia ma senza successo”. “Esausti e terrorizzati- ricorda Maria- siamo scesi nella parte più bassa della nave, li abbiamo trovato molti passeggeri”.Com’è riuscita a mettere in salvo sua figlia? “Tenevo ben stretta la mia bambina -racconta Maria- si è sentita male diverse volte e avevo paura che quella folla “impazzita” potesse farle del male. Finalmente abbiamo visto una scialuppa in mare, il problema era la distanza di quasi due metri che ci separava. Con estrema difficoltà ho allungato le braccia per passare la bambina ai soccorritori e con grande gioia ci sono riuscita”. “Ho visto che la distanza tra La Concordia inclinata e l’acqua -spiega Camilla- non era molta, tanto che, facendomi coraggio da sola, ho deciso di buttarmi. Questa scelta, fortunatamente, si è rilevata un grande successo sia per la mia famiglia che per i molti passeggeri a bordo”. A che ora siete arrivati sull’Isola del Giglio?”A mezzanotte -ricorda Marco- ci hanno dato delle coperte, il sindaco, Sergio Ortelli, ha messo a disposizione scuole, asili, alberghi, la protezione civile si è mobilitata. Qui sull’isola ho avuto modo di incrociare anche il comandante Schettino profondamente scosso”. “La prima cosa che ho fatto sull’isola -ricorda Maria – è stata quella di chiamare mia madre: “mamma mi sono salvata ma non so come ho fatto, non ho più nulla”. La mattina alle 7.30, dopo una lunga notte di angoscia, siamo ripartiti dal porto di Santo Stefano”. Avete soccorso a qualche passeggero? “Si – spiega Camilla – abbiamo assistito un cameriere che non aveva più nulla, le abbiamo dato la nostra coperta”. “Io ricordo -spiega Maria – una donna sarda che aveva perso il suocero , cercavo di darle conforto ma era terribilmente scossa, non ricordava nemmeno il numero di casa”. “Invece io – aggiunge Marco – ricordo la disperazione di un tedesco in cerca di sua moglie”. Si poteva fare di meglio per salvare alcune vittime? È stata ben gestita la situazione di crisi? “Sicuramente si poteva fare di meglio, voglio capire la paura però per me, -spiega Marco -un comandante dovrebbe avere maggiore sangue freddo. Sono mancate le decisioni autorevoli degli ufficiali, del comandante Schettino. C’era sempre una persona che parlava a suo nome e poi io personalmente avrei agito diversamente: ad esempio invece di rimanere per molto tempo a telefono con la Costa Crociere avrei cercato soluzioni per mettere a sicuro i passeggeri”. E’ stato fissato un risarcimento? “Si parla di 11.000 euro e non di 14 come si racconta in televisione, in più il rimborso delle spese, anche se molto dipende dall’assicurazione”. “Lo shock psicologico è ancora presente in voi? “Penso proprio di si -spiega Marco – in particolare per mia figlia più piccola, infatti poco tempo fa si è sentita male a causa delle vibrazioni della musica che giungevano da una festa vicino la mia abitazione, ricordava il rumore dell’impatto della Concordia” . “Io faccio spesso dei brutti sogni – aggiunge Camilla – infatti spesso la notte mi sveglio con la paura”. Tornerà nuovamente su una nave Costa Crociera?”Assolutamente no -conclude Maria – a differenza di mia figlia Camilla che è molto più coraggiosa di me”.